Regia di Thomas McCarthy vedi scheda film
Canto di Natale (se non altro per la collocazione che gli ha riservato la distribuzione italiana) di inizio millennio, ma con uno Scrooge meno cattivo dell’originale dickensiano e redento ben presto (incarnato da uno sfuggente, autunnale, perfetto Richard Jenkins) , questo piccolo e prezioso film merita più di una riflessione per come riesce a scuotere con delicata sensibilità. Nel titolo si manifestano tutte le ansie e gli stati d’animo che avvolgono gli abitanti della storia: inattese sono le paure che ci spingono a vedere l’altro come l’invasore del nostro povero giardino – ma che agli occhi dell’altro è il pezzo più attraente di terra dell’abbondanza; inattesa è l’accettazione nella misera vita di un uomo che, inaspettatamente, accoglie anziché reprimere; inattesa è la maturazione della consapevolezza di essere inutile in proiezione della società degli uomini; inattese sono le repulsioni verso una società che meritava solo la nostra sprezzante indifferenza. Ospitare certi sentimenti nel solito involucro è come accogliere la mutante espressione del vivere umano.
Batte forte e vigoroso il tamburo del cuore collegato alla mente, e solo attraverso questo strumento si possono calibrare al meglio le conseguenze del cambiamento; il piano no, non vuole suonare secondo il nostro gusto, ma solo secondo le nostre attitudini – perlopiù mediocri. Walter si comporta come un bambino in un percorso di crescita, ed il piano ne è la dimostrazione: prende lezioni da tempo, seguito da diversi maestri, ma non capisce che il problema è lui e non chi lo educa. Ma anche nel lento divenire della sua persona si presentano i connotati di un ritardato, ma sempre appassionato, romanzo di formazione. Non fa nulla che la passione esploda solo verso la fine, quando l’arroganza del Grande Paese è declinata sui registri della paura: ogni mo(vi)mento che riguarda Walter mette in luce l’irrequieta e sollevata bellezza del cambiare (ormai crescere non si può più, neanche troppo nell’interiorità). Non è un film sul confronto tra culture diverse perché se è vero che Tarek porta i ritmi della sua terra e Zainab la bravura del creare, Walter non si sente parte della sua presunta cultura: più che altro, è un film sullo scambio reciproco delle proprie sensazioni. C’è anche il filone che contempla l’immigrazione e i suoi problemi, i timori di un’America ferita per sempre dal crollo delle torri (evocate su un battello, accanto all’ammirazione della Statua della Libertà), ma è soprattutto un piccolo film intimista sulla solitudine e le sue paure. Quelle sì, non sempre inattese.
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