Regia di Yoon-ki Lee vedi scheda film
Per il suo secondo film Lee Yoon-ki cambia totalmente coordinate geografiche e stilistiche: non più la Seoul asettica e straniante descritta con dilatazioni à la Hou Hsiao-hsien, ma la turbolenta comunità coreana di Los Angeles rappresentata con acida coralità altmaniana. Essendosi laureato in Business Administration alla University of Southern California, Lee conosce bene il contesto che rappresenta. Ne scaturisce un film assai diverso (e assai meno riuscito) del precedente: i protagonisti diventano tre (due dei quali femminili) e gli spazi si fanno più ariosi e avvolgenti. Il debito altmaniano - ravvisabile non soltanto nella polifonia dell'intreccio ma anche nella caoticità delle relazioni e nel montaggio antidrammatico - è tuttavia smorzato da una sensualità e da una flemma malinconica che il maestro di Kansas City non si sarebbe mai concesso. Lee, anche autore dello script, ama smodatamente le sue creature e questo è croce e delizia del film: se le complicazioni sentimentali risultano indagate con estrema accuratezza, i rovelli psicologici dei personaggi a lungo andare finiscono per sfibrare l'attenzione. Resta comunque interessante il tentativo di dare visibilità a questa enclave coreana in America e l'ottima prova del cast (Bae Jong-ok su tutti). Soundtrack morbidamente jazz.
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