Regia di Marc Caro vedi scheda film
Dante 01 è una colonia penale in orbita attorno al pianeta Dante. Al suo interno sei pericolosi criminali hanno scampato la pena capitale accettando di sottoporsi a crudeli esperimenti scientifici.
Cesàr, un detenuto psicopatico guida la rivolta dei compagni ma l’arrivo Saint George, un detenuto entrato in contatto con un’entità aliena dalla quale ha ereditato un immenso potere, sconvolge i piani dei rivoltosi determinandone i destini.
Marc Caro disegnava fumetti per Metal Hurlant, mitologica testata francese di fumetti sulla quale deposero i pennelli artisti del calibro di Moebius, per dirne uno. Poi insieme a Jean Pierre Jeunet diresse due capisaldi del cinema visionario e apocalittico, dipingendoli con i festosi tratti del grottesco, dell’umorismo abrasivo delle menti arrotate dall’anarchia espressiva: Delicatessen e La città perduta. Lo ritroviamo ora, Caro, dopo 15 anni passati a creare videoarte e spot pubblicitari, a dirigere un suo progetto, orfano del suo compagno Jean Pierre Jeunet ormai tumulato nello spazio di Alien 4 la clonazione e risorto, almeno parzialmente con la fiaba di Amelie e il suo fantastico mondo ma le cui rispettive rotte creative prima di perdersi per le personali coordinate artistiche si incrociano in un punto comune: la maschera-feticcio di straordinaria intensità di Dominique Pinon, attore sempre presente nei film dei due autori e che riassume nelle caratteristiche fisiche e espressive, il segno drammatico e grottesco delle loro opere.
Dante 01 è un film di fantascienza tenebroso e metafisico. Un pedaggio siderale pagato a Tarkovskij collocato in un punto dello spazio imprecisato, in un tempo indefinito. E’ un posto nella mente, un’ipotesi generata da un’ipofisi iperattiva, la naturale deriva dell’uomo dopo il cannibalismo di Delicatessen e i sogni smarriti dei bambini della Città Perduta. Estetica ed estasi dell’informatica, spazi chiusi formicolanti esseri dai nomi mistici, innesti della Divina Commedia nel corpo-macchina di 2001: odissea nello spazio e religione filtrata da un immaginario cyber punk. Filosofia di un mosaico sensoriale di altissimo livello espressa in una forma di potente impatto visivo che non cerca di dare spiegazioni ad una trama che è solo pretesto ma che pretende dallo spettatore di essere semplicemente vista e creduta. E’ l’elevazione a potenza del mezzo espressivo cinematografico che inocula emozioni sottopelle, goccia a goccia e assolve al postulato principe della missione cinematografica: essere liberi. Libertà di creare e libertà di fruire delle immagini senza la schiavitù del senso, delegando ai sensi la ragione dell’esistenza.
Dante 01 è visivamente accecante, un oggetto raro da conservare nella memoria del cinema libero da costrizioni produttive e logiche commerciali, meteora che va intercettata nel momento stesso in cui si manifesta poiché destinata a scomparire nel limbo del mito, delle operazioni impossibili, nei sorrisi sarcastici dei mercificatori di basso cinema, nei polverosi scaffali di qualche magazzino televisivo in attesa di una sua ricomparsa una notte infrasettimanale qualsiasi, ad un orario impossibile. In modo che nessuno veda.
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