Regia di Ridley Scott vedi scheda film
Ridley Scott non si smentisce mai: in questo esponente del genere fantasy, accompagnato da una colonna sonora incredibile firmata da Jerry Goldsmith (qui alla seconda collaborazione con Scott dopo il precedente "Alien"), si può benissimo cogliere l'impronta del grande regista inglese, uno dei pochi in grado di amalgamare con perfetto equilibrio e gusto estetizzante arte e intrattenimento. Di fatto il suo Legend è un eccellente esperimento fantasy uscito anni prima della trilogia del Signore degli Anelli, con la quale condivide l'ambientazione fantastica e primordiale e l'utilizzo di personaggi ispirati alla mitologia nordica e, in parte, anche a quella della Grecia antica. Seppur presentando i tratti tipici del genere, ovvero un'innata propensione a dividere troppo facilmente gli abitanti di questo mondo fiabesco in buoni e cattivi, il punto fondamentale della trama, sempre più evidente con lo scorrere dei minuti, è quello della perdita dell'innocenza e dell'inanellarsi nell'animo umano di tutti i vizi e le passioni che lo contraddistinguono (questa metamorfosi del nostro modo di agire è affidata simbolicamente al personaggio di Lili). Dalle atmosfere favolistiche e armoniose dell'inizio si passa progressivamente a colori più freddi e a toni spenti per poi terminare questa discesa nell'oblio dell'inferno, dominato dall'alternanza di oscurità e sprazzi di luce incandescente. Ma più che il concetto è la forma in cui questo film si presenta che sbalordisce: prodotto nel 1985, è un vero e proprio trionfo della forma sui contenuti, un trionfo in grande stile firmato con mano leggiadra dal poliedrico Scott, il quale è maestro nel mostrarci le sontuose scenografie di cui si avvale e nel dare vita a sequenze eccezionali per inventiva professionale e perizia tecnica; su tutte, il ballo della principessa Lili con il suo alter ego oscuro, un avvolgente abbraccio del male nella sua forma più ammaliante, e il successivo emergere del signore delle tenebre dallo specchio. E poco importa se alla fine il bene trionfa sul male e i buoni tornano ad essere buoni, mentre i cattivi rimangono tali e perciò perdenti: almeno nella favole, se non nella realtà, è giusto che sia così. Legend dal punto di vista estetico è un'opera d'arte e visivamente è al livello del miglior film di Scott, "Blade Runner", perciò è doveroso elogiarne i punti di forza pur consapevoli dei suoi limiti e ricordarlo come uno dei migliori film fantasy degli anni '80 e non solo, pura arte visiva e stupefacente galleria di quadri in movimento.
Una nota di merito va data in particolare a Tim Curry: il suo Satana ha la forza emotiva e la dignità di quello omonimo del "Paradiso perduto" di John Milton e la cattiveria luciferina che solo un istrione par suo poteva conferirgli. E mi piacerebbe ricordarlo così, con una sua citazione: "I sogni della giovinezza sono i rimpianti della maturità".
Incompreso all'uscita nelle sale, col tempo è stato rivalutato e non è escluso che in futuro questo gioiello verrà paragonato al ben più quotato "Il Signore degli Anelli" al quale non ha da invidiare proprio nulla. Fiaba dark e metafora della convivenza di luce e ombra nell'animo umano, mostra la caduta di due novelli Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre e il loro riscatto, simbolo dell'incerta e conflittuale condizione umana, stretta tra l'anelito alla beatitudine e il fascino dell'oblio.
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