Regia di Kaneto Shindo vedi scheda film
Bellissimo film del giapponese Kaneto Shindô, più noto in occidente per un altro film, "L'isola nuda" (1960), regista inossidabile: ha novantasei anni ed ha appena completato le riprese di un nuovo lungometraggio ("Hanawa Chiredomo"). Qui, in un bianco e nero che contribuisce a rendere più arcano il clima, torrido, di questo medioevo che in niente differisce da quello che dev'essere stato dalle nostre parti, racconta la storia di queste due donne, che racchiude in sé, oltre alla giusta denuncia degli orrrori, ora e sempre, della guerra, il conflitto tra due diverse mentalità, pur tuttavia entrambe tese in primis al soddisfacimento dei bisogni materiali (cibo, sonno, sesso). In questo luogo ai margini del purgatorio (si ode in lontananza il clangore delle battaglie), giungono talvolta dei malcapitati guerrieri feriti o fuggiaschi, che cadono nelle grinfie di queste due furie, che non conoscono alcun sentimento di pietà. Il loro segreto è un buco nascosto dalla vegetazione, nel quale fanno cadere, vive o morte, tutte le loro vittime, senza minimamente curarsi di chi esse siano (tanto è vero che quando la vecchia vi fa precipitare il samurai mascherato, lo spettatore, ma non lei, teme che possa essere suo figlio). "Onibaba" è un film di una sensualità impressionante, nel senso che è posto dal regista l'accento su tutto quanto fa soffrire o appaga i sensi dei personaggi. Sono molto forti e coinvolgenti, infatti, le scene di sesso (anche se, assurdamente, un ridicolo toppino nero copre in una scena le pudenda della ragazza, secondo un tabù giapponese ancora invalicabile a metà anni Sessanta), capaci di un erotismo che il Nagisa Oshima dell'"Impero dei sensi" può solamente sognarsi. (6 giugno 2008)
In un medioevo barbarico in cui una guerra infuria senza lasciar intravedere la fine, due donne, suocera e nuora, vivono in una cpanna nei pressi di uno specchio d'acqua. L'uomo di casa, figlio dell'una e marito dell'altra, è partito per la guerra, e le due donne si arrangiano uccidendo i feriti che capitano nelle vicinanze della loro capanna, derubano i cadaveri, li gettano in una specie di foiba che si apre nel terreno, e vendono il loro bottino ad un ricettatore che dà loro in cambio generi alimentari. Un giorno torna, reduce dalla guerra, Hachi, un vicino di capanna, che racconta di avere visto il loro uomo morire in battaglia. Hachi comincia a concupire la vedovella, mentre la suocera pretenderebbe che ella portasse rispetto alla memoria del figlio morto. La ragazza per un po' resiste, poi cede alle voglie della carne. Quando la suocera si accorge della tresca, tenta di spaventare la nuora con i castighi del purgatorio, indosando una maschera da spirito che poi le si attacca alla faccia. Finale tragico per tutti.
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