Regia di Michael O. Sajbel vedi scheda film
Alla sua morte il magnate Stevens lascia agli eredi (figli e parenti con cui non correva buon sangue) una minima parte del suo ingente patrimonio, lasciandoli tutti scontenti e curiosi di comprendere dove possa essere finito il grosso del malloppo, magari con la possibilità di impugnare il testamento. Peraltro a Jason, il nipote che in passato lo aveva adorato, prima che la morte del padre creasse una barriera fra loro e che ora vive una vita di lusso ed eccessi, non destina alcun oggetto materiale, ma chiede di affrontare delle "prove" le quali, se ben condotte, produrranno un "dono finale".
Jason, dopo vari tentennamenti, alla fine accetta e comincia un'avventura che non procede affatto come se l'era immaginata ....
Fermo restando che la traduzione del titolo è improvvida ("The ultimate gift" diventa "L'ultimo dono" anziché "Il dono finale"), il film cerca di assumere un tono drammatico per poter esaltare gli aspetti emotivi della vicenda e i buoni sentimenti. Tutto ruota intorno al recupero di un ragazzo viziato, su cui il nonno aveva individuato qualcosa di buono poi oscurato da uno stile di vita eccessivo e senza contatto con la vita reale.
Il problema è che ponendo il tema della scelta fra "essere" e "avere" (come avrebbe detto il filosofo Fromm) e avendo condotto la storia al riconoscimento dell'importanza di ciò che si costruisce con le proprie capacità e di quanto valore abbia il rapporto umano disinteressato, il plot si contraddice proprio nell'epilogo.
Può essere consigliato a chi ama guardare un film con tanto di fazzolettini al seguito, pur sapendo che si tratta di una "favola" e neanche tanto rivoluzionaria.
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