Regia di Claire Denis vedi scheda film
Ruolo difficile per Isabelle. Forse, sono quelli che preferisce. In “White Material”, Maria Vial è proprietaria di una piantagione di caffè, caparbiamente intenzionata a salvare il suo raccolto, a dispetto di una situazione a dir poco precaria. Il paese africano in cui si svolge la vicenda (Camerun, si dice, ma nel film non viene mai nominato) è in preda ad una guerra civile, i cittadini europei che vi si trovano sono invitati ad andarsene. A differenza del marito, che organizza la partenza della famiglia, e del figlio, che si schiera con gli insorti, Maria non si rende conto della gravità del momento, prosegue per la sua strada e commette l’errore di nascondere un capo ribelle. La situazione non può che precipitare. Pur rischiando di mettere troppa carne al fuoco, il film ha il pregio di raccontare eventi tragici senza enfasi ed evitando facili luoghi comuni. L’africa mostrata è tutt’altro che da cartolina, la fotografia è realistica, i colori discreti. Come la protagonista, lo spettatore assiste allo scontro in atto senza comprenderne a fondo le ragioni, si ritrova immerso in un clima di paura e di violenza poco esibita ma trasmessa con forte drammaticità. Considero positiva la scelta di non aver doppiato il film. Non sarebbe stato infatti possibile restituire l’effetto delle due lingue francesi parlate: il francese-francese e il francese-africano. Non si tratta di una semplice sfumatura, ma di una questione di “sound” che accompagna la narrazione. Infine, sembrerebbe che, oltre a realizzare il suo film, la regista Claire Denis abbia voluto offrire una vera e propria galleria fotografica di Isabelle Huppert. Primi piani, figura intera, profili, espressioni di un attimo, sguardi, gesti e movimenti sono osservati con puntigliosa attenzione, inquadrati con insistenza. Un autentico atto di amore nei confronti della mia attrice preferita. Non posso che esserlene grato.
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