Regia di Thomas Vinterberg vedi scheda film
Un film, questo, nel quale ogni personaggio vive una nevrosi o una colpa. Quella del giovane protagonista, perché vittima di una falsa dichiarazione da parte della madre; quella della madre, come conseguenza dell'abbandono del marito; quella della giovane futura amata del protagonista, perché responsabile della morte della propria madre, e così via... Ma il tutto stemperato da un contesto ironico e surreale, con l'introduzione di efficaci personaggi caricaturali quali lo chef e il direttore dell'albergo al cui interno si sviluppa la maggior parte della storia. Al di là della trama, però, che a seconda delle aspettative o della disposizione dello spettatore può o meno essere rilevante, mi è sembrata più che degna di nota la fotografia del film: belle molte inquadrature e in particolare quelle iniziali dei campi dorati in cui si consuma la presunta morte del genitore e all'interno dei quali si snoda un serpeggiante sentiero che il protagonista, bambino, percorre quasi alla ricerca di un proprio precario equilibrio. Ma soprattutto ho trovato bellissima la sequenza prossima alla fine: annunciata da una successione di riprese quasi psichedeliche sui volti degli interpreti, come a sottolineare il senso di rivelazione per le verità di cui vengono a conoscenza, culmina di nuovo in una ripresa degli stessi campi iniziali percorsi ora da un protagonista adulto e immersi in un bluastro colore notturno di grandissima suggestione visiva. Il tutto sostenuto da una famosa aria della Traviata (di Provenza il mar, il suol...) che in questo contesto però assume un significato diverso da quello originario dell'opera di Verdi e aggiunge dunque intensità al canto di un padre che ritrova il figlio. Nell'insieme, a mio parere, un film ben recitato da bravi ed intensi attori, da non giudicare troppo affrettatamente e con spunti per nulla trascurabili.
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