Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Un bimbo che corre, gente per le strade, polvere che si alza dal suolo e, tutt'intorno, pietra. Pietra illuminata dal sole che brucia la pelle e fa chiudere gli occhi.
Tornatore snocciola una storia favolosa confermando la sua natura di narratore impeccabile. Prende Peppino, alto poco più di un metro, e ci fa percorrere insieme a lui le faticose e imprevedibili strade della vita. Crea un pesonaggio dalle spalle larghe e dal cuore buono, uno che da fuori sembra un duro, o almeno questo vuole dimostrare, ma che dentro è più morbido di quanto anche lui stesso possa immaginare, tanto quasi da diventare un debole, con la fissa per la politica, trasmessagli dal padre, lega a doppio filo la sua vita e quella della sua famiglia a moti rivoluzionari, congressi, viaggi e elezioni facendo spesso perdere il filo della narrazione. La pecca è proprio questa, la politica. Inserita tra il normale trascorrere del tempo serve solo per far uscire qualche sbadiglio e sminuire la storia di qualche tono di toppo.
Certo quando si parla della crescita di un paese la politica è praticamente un passaggio necessario ma, in questo caso, viene messa troppo in luce tanto da confinare i personaggi e le loro vite a fare da contorno. Bastava dosare meglio i tempi, amalgamare in modo più oppotuno i due filoni narrativi senza farli sembrare quasi due storie a se ma farle dipendere l'una dall'altra.
Bellissima l'ambientazione. Bravi gli attori che diventano parte dello scenario che li circonda immedesimandosi perfettamente nei ruoli che ricoprono, in particolare le comparse, affidate a facce note che rendono il tutto più intimo facendoci sentire anche noi "amici di famiglia" di quella famiglia che dopotutto, e anche Tornatore lo sa, è la vera essenza di Bagheria.
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