Regia di Salvatore Maira vedi scheda film
Quando in un film l'attore di gran lunga più bravo è Maurizio Micheli è come se a Stoccolma dessero il premio Nobel a Susanna Tamaro: vuol dire che c'è qualcosa che non va. In questo boriosissimo Valzer, girato con un unico piano sequenza dal professor Maira, docente di letteratura italiana alla Sapienza di Roma, non c'è nulla che funzioni. Il plot si sviluppa intorno al caso di un padre (Micheli) che, uscito dal carcere dopo molti anni, va alla ricerca della figlia (Rocco) con la quale ha intrattenuto un lungo dialogo epistolare. Scopre invece che a rispondere alle sue lettere, dall'albergo che fa da unità spaziotemporale del film, è stata Assunta (Solarino), una cameriera amica e collega della congiunta. Sullo sfondo, discorsi che girano a vuoto su come truccare il campionato di calcio.
Maira getta fumo negli occhi dello spettatore pensando di volare alto, con dialoghi di intollerabile tracotanza che pontificano su qualsiasi cosa. Ma la magniloquenza dello script è solo uno dei mali di questo film immondo: gli attori recitano da cani, la Solarino è la prova provata del fatto che in Italia basta avere una bella faccia per lavorare nel cinema (ne avessimo di Theron e di Pfeiffer…), il cinismo che trapela in molte scene (imperdibile quella della cameriera mediorientale picchiata e poi risarcita col denaro gettatole addosso) sa di operazione precotta e gli attacchi sul sonoro durante il piano sequenza sono davvero da principiante. Ottanta minuti di agonia nel segno della sociologia spontanea e del chiacchiericcio sterile.
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