Regia di Eric Brevig vedi scheda film
Prendete Giulio Verne, e uno dei suoi romanzi più celeberrimi. Benissimo. Poi prendete tutta quella roba che è scaturita da Dan Brown – intrallazzi storici, verità inconfessabili… insomma, quelle cose per cui va matto Roberto Giacobbo di Voyager – e l’atmosfera dei vari codicidavinci. E infine mettetevi due occhialini bruttarelli ma funzionali (che vi costeranno un surplus rispetto al prezzo del biglietto). Ecco, perfetto. Qual è il risultato? Una cacchiata a livelli cosmici. Non c’è di mezzo solo l’intrattenimento, ma le leggi della fisica, le leggi della chimica, le leggi dell’oggettività, le leggi della narrativa, le leggi della sopportazione. Non ci si dovrebbe andare tanto per il sottile, trattasi dopotutto di fantascienza, per di più estirpata bella bella da uno dei romanzi più immaginifici, fantastici, ingegnosi della storia della letteratura. Ma, per diamine, il salto dalla realtà americana all’amenità islandese è troppo squilibrato… E poi senza occhialini il film si manifesta per quel che è: una cretinata da pomeriggio infantile che vive solo grazie all’idea (neanche nuova) del 3D. In sala, non vi azzardate a togliere gli occhialini: non tanto per gli effetti speciali, quanto proprio per evitare di assistere ad una mediocrità irriducibile. O santa pazienza, che tocca fare per campare. Peccato per il ragazzetto, che la sa lunga pur palesando negli occhi l’ingenuità degli adolescenti perduti.
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