Regia di Eric Brevig vedi scheda film
Si comincia dalla fine. Quel 3D, ossia “tridimensionale” inserito in fondo al titolo è la vera novità del film. I (pochi) cinema che sono attrezzati, forniscono agli spettatori gli occhiali 3D per esperire la terza dimensione cinematografica, la profondità. Gli uccelli volano fuori dallo schermo e il risciacquo dei denti di Fraser finisce addosso al ragionier Esposito, seduto in terza fila. Questa la novità, puramente tecnica. Novità tecnica che il regista, l’esordiente Eric Brevig, cavalca con ostentazione (giustamente ed evidentemente). Ma il suddetto ragioniere, oltre a non bagnarsi, in realtà non si stupisce nemmeno. Sul piano dei contenuti, difatti, il film non esprime grossa originalità: un po’ Codice Da Vinci (qui, il codice Verne, per la verità), con formule e cose da decifrare, ma soprattutto tanto Indiana Jones, con annesso autoscontro in miniera, i 90’ scarsi di film scorrono via piacevolmente, con la tecnica del 3D movie, totalmente applicata per la prima volta ad un film della categoria “non-cartoon”, che si lascia guardare piacevolmente. E mentre l’Esposito, all’uscita della sala, tra i mugugnii per la caratterizzazione “altalenante” di alcuni personaggi, esclama “Che fesso, il guagliunciello tecnologico poteva usare la Playstation per attivare il GPS sotto terra”, rimaniamo convinti che, aldilà di una piacevole storia di avventura, questo “Viaggio al centro della terra 3D” non è il nipote de “Il cantante di Jazz” e, dunque, nonostante gli strombazzamenti, non cambierà la storia del cinema, come certamente ha fatto l’uso del Cinemascope della versione del 1959.
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