Regia di Howard Deutch vedi scheda film
Howard Deutch non è mai stato un gran regista: in effetti dalla sua pur lunga carriera non emergono opere memorabili, tranne forse (ma per un puro fatto generazionale più che per l'effettivo valore) la pellicola d'esordio "Pretty in pink", graziosa commediola tipicamente anni '80 con le meteore Molly Ringwald, Jon Cryer ed Andrew McCarthy. Per il resto niente di che, per lo più onesto intrattenimento, mediamente dignitoso ma senza particolari guizzi e adatto alle famiglie. Sorprende e disorienta un po', quindi, che "La ragazza del mio migliore amico" sia una sorta di commedia un po' porcellona e parecchio volgare (parolacce a iosa e probabile record mondiale dell'utilizzo del termine "testa di ca..o" in un film, qualcuno avverta il Guinness dei Primati): ora, a meno che non basti la presenza di Jason "American Pie" Biggs a dare la stura al turpiloquio, l'impressione è che Deutch abbia voluto seguire la tendenza "neovolgare" imposta alla comicità americana dal successo dellle pellicole dirette o prodotte da Judd Apatow, curioso mix di sesso, battute grevi e buoni sentimenti, ma in questo modo ha anche forzato la mano al suo cinema, solitamente piuttosto "beneducato", creando uno strano ibrido che, probabilmente, non soddisfa né gli appassionati del cinema "porcellone", né quelli della commedia sentimentale di stampo più classico. Volgarità a parte, la sceneggiatura (dell'esordiente Jordan Cahan... l'impressione è che NON avrà una grandissima carriera) non convince, limitandosi a proporre il solito scontatissimo schema del "si odiano/si amano/si odiano/si amano..." e riuscendo ad imbroccare solo due o tre gag abbastanza divertenti (una su tutte la rasatura del sopracciglio e anche qui ritorna l'ombra di Apatow... sarà un caso che la scena ricordi vagamente quella della ceretta in "40 anni vergine"?). Per fortuna che, in tanta mediocrità, c'è lei, Kate Hudson: bella come il sole, con un sorriso meraviglioso, uno splendido patrimonio genetico (la madre è la deliziosa e simpaticissima Goldie Hawn) e la capacità, a dir poco rara ad Hollywood, di fregarsene dei canoni estetici dominanti e di non ricorrere alla chirurgia plastica per correggere "difetti" (il virgolettato è d'obbligo) come una prima di reggiseno e due (invero incredibili) orecchie a sventola. Pollice verso, invece, per il resto del cast: Dane Cook è un volto a dir poco anonimo, Jason Biggs non l'ho mai sopportato mentre un imbolsito e invecchiato Alec Baldwin, sebbene lodevolmente autoironico nel ruolo dell'irriducibile anziano donnaiolo, mette un po' di tristezza al ricordo di quel tempo (non troppo) lontano in cui, assieme ad una sfolgorante Kim Basinger, formava la più bella coppia di Hollywood. In definitiva un film di chiara mediocrità: due stelle.
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