Regia di Guy Ritchie vedi scheda film
Diavolo d'un Guy Ritchie, lo sapevo che non mi avresti tradito! Ci sono quei (rari) casi in cui vai al cinema con uno stato d'animo tra l'eccitato e il timoroso e questo era proprio uno di quei casi. Eccitato perchè sapevo cosa aspettarmi dal cinema di Ritchie, ma anche lievemente timoroso di incappare in qualche brutta sorpresa. Fermo restando che lo stile di Ritchie non lo farà mai entrare in nessuna storia ufficiale del cinema contemporaneo, va detto però che questo signore hai suoi estimatori, fra i quali mi ci colloco anch'io, che in fondo gli chiedono una cosa sola: farli divertire con buon gusto ma non disdegnando qualche colpo d'humour sotto la cintura, ricorrendo ad uno stile veloce, senza fronzoli, tuttavia avvolto da quell'aura dannatamente cool che rende i suoi film intriganti ed unici. Ho rischiato forte (ehm...dopo la schifezza del remake con Madonna...) ma mi è andata bene ed ho ritrovato il miglior Ritchie, col suo vecchio "gusto cool" che mi prende al cuore. D'accordo, la storia non è poi granchè, perchè in fondo quel che conta nei film di Ritchie è lo sfondo grigionero, i personaggi canaglieschi (che lui tratteggia benissimo, raccontando gangsters, ladruncoli, anime perse, viziosi, depravati: un'umanità bizzarra ed amorale) e soprattutto un clima generale che non saprei come definire, se non evocando come riferimento un "qualcosa" vagamente collocabile a metà fra "Trainspotting" e il pulp più scatenato di Quentin Tarantino. Cinema probabilmente nato per essere di serie "B" ma -proprio come nel caso di Tarantino- si tratta di scelte culturali e di stile, scelte che peraltro condivido in pieno. E infatti, puntualmente, le prime recensioni sono tiepidine, me lo aspettavo, proprio perchè - come cercavo di spiegare- Ritchie è considerato dalla maggioranza dei critici poco più che un ragazzaccio, uno troppo bizzarro e inaffidabile per esser preso sul serio dalla critica paludata. E invece questo film è travolgente, godibile come pochi, pieno di personaggi estremi che ti intrigano, di immagini fulminanti, di soluzioni visive punk. Ma quello che regna su tutta l'opera, quasi come una coltre invisibile di polvere, è un'atmosfera, uno spirito, uno sguardo...tutti fottutamente rock'n'roll. Si tratta di uno spirito che o lo condividi (e allora ti esalti) oppure non lo capisci (o non lo sopporti) e allora è inevitabile che monti il fastidio. L'incipit è di quelli che nel contempo gelano il sangue e però ti portano subito all'eccitazione: Johnny Quid (rockstar con la scimmia sulla schiena, angelo fottuto dai demoni della droga che annaspa nel delirio), il quale ancheggia ritmicamente a torso nudo, solo nella sua misera stanza semibuia, che parla a sè stesso ma anche a noi, spiegandoci che non c'è niente da capire, che lui è solo un ROCKNROLLA e che là fuori il mondo non ha idea di cosa voglia dire, proprio come non ne hanno idea quei critici che stanno giudicando il film con sufficienza o con pregiudizio. Se uno entra nel "mood" di Johnny Quid, il viaggio è di quelli straordinari, un viaggio che ti risucchierà attraverso la pipa di un fumatore di crack e ti risputerà fuori pronto per un rockshow visionario e adrenalinico. Un mondo, quello qui evocato da Ritchie, in cui il più virtuoso è l'ultimo dei balordi. Sì, è un mondo di balordi che possiamo idealmente dividere in due categorie. Da una parte i rockers con la scimmia sulla schiena, come il nostro Johnny Quid, eroe tumefatto del crack&roll. Ma Johnny è solo come un cane, mentre dall'altra parte cè la moltitudine degli avidi gangsters, corruttori, trafficanti, assessori, managers, imprenditori, uomini d'affari...anche loro anime perse, d'accordo, ma con un altro tipo di Dio che li tiene in pugno per le palle: il dio Denaro...e chi può dire se sia più perversa la mistica del dio Denaro o quella del dio Crack? Quel che è certo è che nessuno uscirà illeso da questo inferno. Sia lode a Guy Ritchie, spirito libero e visionario, oltre che discreto regista. Per raccontarci questo mondo a parte, Ritchie si è servito di un cast azzeccatissimo, talenti all'altezza ma soprattutto facce "adatte". A parte i volti già noti dei bravissimi Gerard Butler e Thandie Newton, ci tengo a segnalare l'impronta leonina lasciata da un gigante come Tom Wilkinson, da sempre uno dei miei attori favoriti, uno di quegli attori che è un piacere quasi fisico vederlo recitare, anche per come gesticola, come si muove e si atteggia. Credo sia abbastanza evidente in un film che presuppone -come accennavo- la condivisione complice di un certo sguardo, l'importanza fondamentale del commento musicale. E infatti Ritchie ha assemblato una colonna sonora da urlo, racchiusa in un CD potentissimo che comprende un campionario del miglior rock'n'roll degli ultimi anni; da Lou Reed agli Hives, dagli Scientists ai Subways. Ma, sotto questo punto di vista, la compilation-soundtrack comprende anche due nomi che per me rappresentano due miti assoluti: quando ho sentito le note di "Bank robber" dei Clash mi è venuta la pelle d'oca. Ed è nulla rispetto a quello che ho provato quando le mie orecchie hanno riconosciuto un classico degli imprescindibili Sonics. Mi sono talmente affezionato ai delinquenti da strapazzo del "mucchio selvaggio" (One Two, Mumbles e Bobby il bello) che mi è dispiaciuto abbandonarli e mi piacerebbe davvero rivederli in un sequel...chissà che Ritchie non ci pensi. Anche se poi il carisma appartiene tutto a Johnny Quid, fottuto junkie, che alterna la pipa da crack alla chitarra Fender. Arrivato a casa, mi sono messo a torso nudo davanti allo specchio, e ho provato ad imitare le movenze di Johnny nel suo monologo iniziale mentre ondeggia i fianchi...ma poi nello specchio ho visto ciò che non avrei mai voluto vedere. Al posto degli addominali-tartaruga di Johnny, risaltava la mia panza prominente. Stavo per rompere quello specchio crudele. Allora mi sono rivestito e mi sono preparato un bel piatto di spaghetti. Altro che crack!!
Voto: 10
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