Regia di Lee Unkrich vedi scheda film
Terzo capitolo della saga, successo clamoroso figlio di una sceneggiatura credibile ed avvincente. Forse il migliore dei tre finora girati.
Il terzo capitolo del film che ha lanciato la Disney Pixar arriva in ritardo, ma non fuori tempo massimo. I quindici anni di distanza tra il capitolo che lanciò nel firmamento di Buzz Lightyear e Woody ed il maturo ed avvincente terzo capitolo non stonano, anzi regalano agli appassionati della saga una storia se vogliamo più convincente e ben strutturata. Stavolta i giocattoli di Andy subiscono un duro colpo: il loro padroncino parte per il college e a quanto pare ha intenzione di portare con sé il solo cowboy; l’astronauta ed il resto della compagnia vengono così dirottati in un asilo, dove subiranno le bonarie molestie degli infanti più scatenati, ma soprattutto si scontreranno con un mondo esterno, quello dei giocattoli infidi e malintenzionati.
Gli anni passati, come detto, non rappresentano un peso per questo “Toy story 3”, grazie soprattutto ad una sceneggiatura (dell’eccelso Michael Arndt) che va in continuità con gli altri capitoli, a partire da un incipit spettacolare, che funge da intro alle vicende, ma anche da raccordo con il passato e gli altri due film. Una pellicola matura, ma soprattutto appassionante ed equilibrata, che rivela personaggi da annali del cinema (dal Ken bipolare e dalla sessualità ambigua, al menzognero Lotso Grandi abbracci, all’emblematico Chuckles il clown – il più pixariano dei protagonisti). Scontato il successo di pubblico e critica, che lo decretano uno dei migliori film d’animazione di sempre.
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