Regia di Zhang Yimou vedi scheda film
Song Liang (Gong Li) è una giovane ragazza che per volere della madre e delle convenzioni dell’epoca, siamo nella Cina degli anni ’20, decide di farsi concubina di un signorotto locale. Pian piano entra nei meccanismi che regolano il nuovo mondo in cui vive: si incupisce, si inaridisce, comincia a snaturarsi. Il rapporto con le altre 3 mogli del signorotto viaggiano sul filo del rasoio: c’è un rapporto di tensione progressiva per accaparrarsi le grazie del marito-padrone comune: chi ottiene le lanterne per la sera, simbolo della notte d’amore da trascorrere insieme, ha tutti i privilegi del giorno dopo (pranzo speciale, massaggio ai piedi, e così via).
Zhang Yimou rappresenta in maniera perfetta le tensioni tra i personaggi, inscenando una ricostruzione meticolosa e particolarmente verosimile dei ritmi sincopati, delle dinamiche fallopratiche, degli ipocriti equilibri del podere. Il perno della pellicola è rappresentato dall’insostenibilità dell’essere in un ruolo non proprio (forse anche questo ridicolizzare gli antichi sistemi cinesi hanno convinto i censori a non distribuire il film nella Cina Popolare). Grave pecca è la scarsa caratterizzazione della prima moglie/sorella.
Il film rispetta perfettamente le tematiche della poetica cinematografica orientale: ritmi compassati, dialoghi striminziti, minimalismo diffuso; la regia di Yimou è assolutamente perfetta, ma soprattutto la sceneggiatura è fantastica. La divisione del film in stagioni è un modo strategico e funzionale di scandire il modo in cui avanzano i rapporti.
In un film complessivamente ben fatto, spiccano alcuni elementi più interessanti di altri, tutti strettamente simbolici: le lanterne rosse, che assumono un valore fortissimo (decisamente più importanti del padrone di casa), il fatto che il marito delle “4 sorelle” non venga mai ripreso in volto, il fatto di girare scene tutte in interni ed i colpi di fioretto, talvolta di sciabola, che si scambiano le 4 donne.
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