Regia di Michael Haneke vedi scheda film
La pratica di prendere un film di successo commerciale o critico realizzato in altri paesi e girarne una versione americana, con attori famosi e più appetibile a grandi platee da incassi miliardari è ormai consueta: dagli horror asiatici a commedie e thriller europei, molte star hanno reinterpretato soggetti interessanti riplasmati per il palato statunitense: l'austriaco Michael Haneke ha sfacciatamente posto la dicitura "U.S." sul remake personalmente girato del suo titolo più famoso, "Funny games", che una decina di anni fa dette un bel colpo allo stomaco di diversa stampa addetta. Il gioco al massacro ( perfetta sintesi del tema del film) praticato dai due ragazzi di bianco vestiti Pitt e Corbey ai danni della famiglia benestante formata da Naomi Watts, Tim Roth, figlioletto e cane si protrae per le quasi due ore di proiezione, la violenza, come è stato scritto, si svolge appena fuori dal campo visivo della macchina da presa, ma le sue tragiche conseguenze sono là in tutta la loro desolante ferocia davanti ai nostri occhi di spettatori cui i due petulanti e forbiti mostri ammiccano ripetutamente confidando in una complicità morbosa da voyeuristi. Haneke filma con uno stile che pesca dal cinema di Kubrick, evidenziando, forse una volta per tutte, che l'autore di "2001" non era poi crudele come tutti sottoscrivevano: se il magnifico Stanley , in "Shining", aveva risparmiato l'infanzia da un furore folle e omicida, l'austriaco non fa un passo indietro, addirittura negando ogni possibilità di salvezza dei "buoni" in un ribaltamento metafilmico che avvia a un finale nerissimo che rimette la palla al centro in attesa di nuovi orridi sviluppi. Film urtante e urticante, "Funny games" è benissimo recitato da tutti gli interpreti, diretto con lucido pessimismo, senza fornire ragioni, senza andare più in là del mostrato, lasciandoci la responsabilità di una riflessione morale, cosa non indifferente in quest'epoca di lassismo indotto da un declino di responsabilità collettiva di un degrado permanente.
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