Regia di Peter Berg vedi scheda film
Ogni tanto i miracoli si rivelano in tutto il loro splendore. E così può capitare che quello che appare come uno dei tanti blockbuster hollywoodiani di stagione sia in realtà uno dei film più politici dell’anno. A cominciare dalla primissima inquadratura, con il dettaglio dei segni di tante battaglie del Supereroe Hancock. Che, sorpresa, è un alcolizzato e un fancazzista, con barba lunga e vestiti di chissà quanti giorni addosso. Lo (ri)sveglia un bambino (non a caso) che gli ricorda che c’è da salvare il Mondo, meglio: uno dei tanti angoli di Los Angeles. La Città dei Sogni (del Cinema) e degli Angeli, quasi un remake aggiornato ai tempi di Obama del capolavoro di Wim Wenders, tra l’altro già rifatto dagli stessi avidi produttori di Hollywood con Nicolas Cage al posto di Bruno Ganz. I sottotesti di Hancock sono svariati e assai interessanti. C’è la scena del bar gestito da un musulmano sotto tiro da parte di alcuni rapinatori che comunica attraverso la cassa un emblematico 911 (il numero americano della polizia, ma anche il 9/11 che ha cambiato la nostra Storia contemporanea). C’è un curioso “laicismo” suggerito dal fatto che il protagonista è un figlio degli Dei e non del Dio della tradizione cristiana. C’è il colpo di scena del personaggio interpretato al meglio dalla fulgida Charlize Theron (che non svelo altrimenti i lettori mi picchiano). E ci sono, soprattutto, le incisioni sul corpo di Will Smith, vero e proprio emblema degli Stati Uniti post Torri Gemelle. Un film ferito, dunque, che vola sulle cicatrici dell’America.
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