Regia di Peter Berg vedi scheda film
Un film che si apre sulle torride note di un blues del leggendario John Lee Hooker non può che partire col piede giusto. Ma anche il prosieguo e tutto il resto funzionano dannatamente bene: sì, questo è un blockbuster che regge bene dall'inizio alla fine, potendo contare su tre attori protagonisti davvero in forma e su una sceneggiatura perfettamente equilibrata, che permette al regista Peter Berg di sviluppare sia il registro comico (che è quello più evidente) ma con una robusta iniezione di tonalità drammatiche (nella seconda parte) che conferiscono all'opera una brillantezza indiscutibile. Da Hellboy a Batman passando per Iron Man, pare che al botteghino i SuperEroi se la passino bene, ed anche questo "Hancock" in USA è partito col botto e anche qui da noi ci sono tutte le premesse, ferma restando la differenza che Hancock non è l'ennesimo riciclo di un eroe "di carta", ma bensì un personaggio originale, creato appositamente per questa pellicola. Non è un dettaglio da poco, se lo pensiamo nell'ottica della profonda crisi di idee che sta contagiando gli autori di Hollywood, che in questo caso hanno dovuto impegnarsi di più, dovendo costruire ex-novo un'identità ad un nuovo eroe. Ma, rivolgendomi idealmente a coloro che ancora non hanno visto il film, segnalo che si tratta di un super eroe sui-generis, caratterizzato da aspetti singolarissimi che lo rendono unico e diverso da tutti gli altri suoi "colleghi". E' chiara la tendenza in atto (vedi Hellboy e Batman) ad evidenziare la la vulnerabilità dei personaggi e a mostrarne le ferite (soprattutto psicologiche). Ne esce un lato dolente e malinconico che, nel caso di Hancock, è ancor più evidente. Ma qui occorre precisare che il processo di UMANIZZAZIONE nel caso specifico è spinto al massimo, al punto che il protagonista viene percepito dal pubblico più come umano che come supereroe: infatti, ad esempio, a parte una tutina aderente che gli viene imposta, non indossa improbabili divise nè mantelli di sorta. Altro fattore fondamentale di contatto con Batman e Hellboy è l'IMPOPOLARITA' (a tratti sconfinante nell'odio) di cui Hancock gode presso i cittadini di Los Angeles. E anche qui gli sceneggiatori hanno lavorato bene, evidenziando i cospicui danni materiali che Hancock crea durante le sue scorribande in favore della giustizia. E qui ci accorgiamo di un'altra peculiarità del film: ovvero dello sforzo fatto per calare un super eroe dentro un contesto assolutamente quotidiano e normale, rappresentato dalla famiglia dell'addetto stampa. E il bello è che questo tentativo è riuscito alla perfezione, realizzando una specie di magia: quella di raccontarci una favola (nel senso che è pieno di cose "da favola", cose incredibili) ma di raccontarcela in modo talmente piacevole da rendere plausibile anche ciò che razionalmente non lo è. Ecco perchè io definirei la pellicola una riuscita "favola per adulti". E' unodi quei casi (vedi Pixar) in cui un prodotto per ragazzi viene percepito pienamente nella sua completezza solo da un adulto. Tornando un attimo al malcontento diffuso generato dal super eroe per via dei danni arrecati a cose ed oggetti, dobbiamo rilevare la genialità dell'intuizione: infatti i supereroi nei loro scontri finali coi "malvagi" lasciano sempre macerie sul campo, distruggono abitazioni, strade ed auto, come fossero giocattoli, mentre qui tutto ciò assume un "peso" (insomma, ci sta che la gente s'incazzi se Hancock nel rincorrere i criminali devasta tutto ciò che trova sul suo cammino). E anche questo si inquadra nell'ottica del film di "umanizzare" una favola. Per rendere ulteriormente il concetto, mi sembra il caso di citare la sequenza con cui si apre il film, davvero impagabile. Un bambino buffissimo si avvicina ad un Hancock che ancora ronfa su una panchina, probabilmente reduce da una colossale sbronza, lo scuote e lo invoca, indicandogli con la manina dei televisori che, dalla vetrina di un negozio vicino, stanno mostrando i "cattivi" in azione: ed ecco allora che un sublime Will Smith apre un occhio, si guarda rapidamente intorno per capire dove si trova, e rivolto al bambino in trepida attesa, gli fa: "Cosa vuoi? Un biscotto??!" (tradotto volgarmente suonerebbe: "cavolo vuoi da me? lasciami dormire e vattene"). E così, su questi brillanti livelli si trascina tutta la prima metà del film. Sì, perchè più o meno a metà, la sceneggiatura ha previsto una svolta piuttosto brusca, ed è questo uno snodo importantissimo che alcuni critici hanno giudicato inopportuno in quanto dividerebbe il film in due film troppo diversi tra loro: non sono d'accordo, anzi credo che l'idea d'una svolta drammatica arricchisca il film, fornisca ad esso un peso e una forza maggiori e ci restituisca un'opera davvero completa. Naturalmente è assolutamente vietato fornire qualsiasi dettaglio su questa "svolta", incombendo il serio rischio di "spoileraggio". Mi limito a dire che la "sorpresa"
è effettivamente tale e che offre il destro a Smith e alla Theron per gareggiare in bravura, per la gioia dello spettatore. Prima di rendere merito ad un cast eccezionale, diciamo che fra i produttori spiccano due nomi: uno è lo stesso Will Smith, e l'altro è uno di quei nomi che molti di coloro che amano il cinema si levano il cappello ogni volta che lo sentono nominare: Michael Mann. Un cenno anche alla colonna sonora, molto vivace e che vede nomi quali George Thorogood, John Lee Hooker, Franz Ferdinand, Quincy Jones, The Meters, Incubus...E adesso
applausi per tre grandi attori. Jason Bateman sempre più bravo, simpatico, comunicativo, uno degli attori americani più brillanti e poliedrici in assoluto. E che dire di Charlize Theron senza scadere nello sterotipo del "E' anche brava"?. La Theron è una delle donne più belle del mondo, ma, non soddisfatta, è diventatata anche un'attrice fantastica. La sua bellezza è talmente radiosa che pare illuminare a giorno tutto lo schermo, ma anche le sue doti d'attrice sono testimoniate dai ruoli interpretati nei suoi ultimi film. Will Smith: basta la parola, un uomo che straripa appeal e carisma. Un attore completo capace di toccare tutte le gamme espressive con uguale talento. Quell'uomo che si trascina con passo stanco fra gli sguardi rancorosi della gente, con la cuffia di lana calata quasi fin sugli occhi, con la bottiglia sempre in mano, che adora le polpette e che detesta la parola "stronzo"....quell'uomo resterà per sempre nel mio immaginario cinematografico.
PS: finalmente un blockbuster che dura poco più di un'ora e mezza, e non il solito polpettone con 2 o 3 finali.
Voto: 9
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta