Regia di Emir Kusturica vedi scheda film
Piccolo atto d'amore di Kustarica, per l'immortale genio del calcio: "Diego Armando Maradona"
Questo stramaledetto 2020, che oltre a portarci questo Covid 19, di cui non riusciamo a liberarci, ci ha sottratto artisti geniali come Ennio Morricone, Sean Connery Gigi Proietti , alla fine ci ha costretto a dire addio, anche a Diego Armando Maradona. Aggiungere ulteriori commenti, a quanto è già stato detto, in tutti i modi possibili, su giornali, TV e social mi sembra pleonastico e retorico, invece mi piace esprimere un' opinione, su questo simpatico e sgangherato documentario girato da Kustarica.Il valido regista jugoslavo, poi naturalizzato serbo, ha girato nel 2006 questo docufilm disordinato, ma spontaneo, dal taglio artigianale ma allo stesso tempo ammaliante, che celebra il genio calcistico di Maradona, calciatore prodigio,con la palla attaccata al piede come ci fosse una colla,ancora oggi ci si chiede come abbia potuto addomesticare il pallone e fargli compiere delle traiettorie balistiche, che sfidavano le leggi della Fisica,magie da illusionista.Al contempo ne racconta anche l’uomo, e poi l’ icona carismatica, capace di gestire con grande naturalezza telecamere, giornalisti, dichiarazioni mediatiche ed apparizioni in televisione ,commovente quello con la Carrà.Poi narra senza giudicare, anche il lato più fragile e oscuro di Maradona, cocainomane incallito,ma anche pentito. Kusturica diventa amico di Diego e lo accompagna dappertutto, facendo vedere le immagini di giubilo e la passione della gente per lui, la sua ribellione permanente. Gli fa incontrare Manu Chao, che ha scritto per lui Vida Tombola”, in cui canta “se io fossi Maradona, vivrei come lui”. Poi ovviamente ci fa vedere da tutte le angolazioni possibili e con divertenti inserti animati, lo storico gol all’Inghilterra, considerato il più bello di tutti i tempi, sulle note rese punk di “God Save The Queen”, e ci mostra anche il Maradona fuori forma, che canta “la mano de Dios”, di Rodrigo in un club di New York in compagnia della moglie e le figlie oramai adolescenti.
Poi un altro spaccato, Maradona giovane e in gran forma, la moglie, le figlie bambine, coinvolti in una meravigliosa danza. E “tutto il popolo che canta: Marado, Marado”, con le bimbe che battono le mani a tempo, gridando “Diego, Diego” .Kusturica non intervista il campione, bensì chiacchiera con lui scherza, ride con soddisfazione e al contempo fa emergere il suo lato più sociale e politico. Diego è anche un rivoluzionario “ a modo suo”, il suo celeberrimo gol scippato all’Inghilterra ed eseguito con la mano, è un atto di sberleffo contro una nazione che si era appropriata con la forza militare delle Falkland,poi proietta frequenti immagini della “Chiesa Maradoniana” che ne celebra le gesta, religione moderna e pagana, ma fortemente monoteista. Dios c’è, ed è Diego Armando Maradona. E poi Napoli protagonista sempre,con i video girati in piazza del Plebiscito,Napoli che ha adottato il suo beniamino, che pur cresciuto nella miseria più nera di Villa fiorita il quartiere più degradato di Buenos Aires, ha nel suo DNA e nel cuore la città partenopea e questo lo capiscono subito i napoletani: lui è più napoletano dei napoletani è il simbolo del riscatto della città di Napoli è la rivalsa del povero contro il ricco, del Sud bistrattato e popolare contro il Nord potente e despota,che nel calcio non può che essere la Juventus :“c’era la netta sensazione che il Sud non potesse vincere contro il Nord. Noi siamo andati a Torino e gli abbiamo fatto 6 gol. Sai che vuol dire, una squadra del Sud che fa 6 gol all’Avvocato Agnelli?”.Diego Armando Maradona si è fatto carico della fede di un popolo intero, che lo ha acclamato come un eroe, saltava sulle macchine per lui, lo rincorreva, lo voleva toccare, baciare, ringraziare e quando L’Argentina giocava contro la nazionale italiana, tifava Argentina perché lì c’era lui.Maradona racconta la sua passione politica, la sua amicizia con Fidel Castro, il padre della rivoluzione cubana, mostrando con orgoglio i suoi tatuaggi dedicati ai suoi idoli Il Che e appunto Fidel Castro “la pelota no se mancha”, la palla non si sporca, “Segnare un gol davanti a centomila persone come quello contro l’Inghilterra, per me era la normalità, era il mio gioco, era la mia vita. Quando scendevo in campo era tutti voi e potevo parlare con voi, come uno di voi. Quando passavo la linea di metà campo, comandavo io solo. Ma che giocatore vi siete persi! Avrei potuto fare molto di più, senza la maledizone della droga,ma io sono la mia stessa colpa. E non posso rimediare”. Geniale, sincero, appassionato diretto, autentico e umano, sempre dalla parte degli ultimi. Questo è stato, è e sarà, Diego Armando Maradona.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta