Regia di Hong-jin Na vedi scheda film
Una caccia sfrenata tra un ex poliziotto ora magnaccia, ed uno spietato serial killer astuto e fortunato. Una scia di sangue senza fine, una donna da salvare imprigionata chissà dove. Una storia fibrillante che alterna tensione e momenti di commedia con una destrezza che lascia ammirati. Un notevole esordio.
Un bel modo di esordire nella regia, questo The chaser, per un autore coreano ormai tra i più osannati come è ora Hong-Jin Na: tre soli film all’attivo, ma tutti davvero notevoli, l’ultimo dei quali, The Wailing, accreditato a Cannes 2016 nel Fuori Concorso, rassegna in cui si includono generalmente i titoli di rilievo in capo agli Autori (si, con la A maiuscola).
Un thriller a senso alternato questo suo esordio, che intraprende le strade dell’efferatezza, nel descrivere le gesta terrificanti di un folle assassino seriale di donne, ma anche la via scanzonata di un protagonista ex-poliziotto pasticcione e problematico che, cacciato via per chissà quale scorrettezza, ha deciso di sopravvivere nella giungla metropolitana della metropoli coreana riciclatosi come magnaccia.
Quando alcune delle sue protette iniziano a sparire, l’uomo si convince che un rivale gliele abbia rubate. La vicenda invece è ben più drammatica e violenta, dato che le donne sono finite in contatto col folle assassino, che le uccide con un martello sulla testa per problematiche legate alla propria problematica identità sessuale.
Il film, lungo oltre due ore, come è prassi nei film dell’autore, è tutta una rincorsa contro il tempo nel tentativo, ostacolato da comportamenti scellerati ed ingenui da parte delle forze dell’ordine e della burocrazia della legge, del nostro ex poliziotto di ritrovare la sua ultima collaboratrice, minato dai sensi di colpa per aver costretto la donna ad andare all’appuntamento col folle anche se malata, e dopo aver scoperto che la donna lascia a casa una figlioletta nemmeno in età scolare.
Un film che ci sollecita a sperare in una soluzione almeno di compromesso, salvo poi darci una clamorosa mazzata verso i ¾ della pellicola, e ripiombando nella più cupa desolazione e nel raccapriccio che fanno seguito ad una serie di beffardi e incredibili accumuli di combinazioni negative per la giustizia, favorevoli invece affinché il laido e subdolo assassino riesca in qualche modo sempre a farla franca.
Una conduzione concitata, dove il sangue scorre come nei pressi di una mattanza, ma dove l’aspetto della commedia dei (tetri) equivoci si innesta al thriller per complicare la situazione e rendere, se non perfettamente credibile, almeno plausibile una serie di circostanze pazzesche che finiscono per rendere tutto o quasi davvero molto inutile.
La regia è davvero dirompente, efficace, e di gran stile, dettagliata e sconcertante nelle scene più drammatiche e forti, ma anche aperta verso il dettaglio intimo di personaggi anche secondari ma importanti per lo sviluppo dell’intrigo. Una conduzione che non si dimentica dello spettatore, ma anzi gli riserva sempre un occhio di riguardo, giocando sullo stato d’animo di chi affronta la storia, sempre indeciso se prendere sul serio la vicenda, o se lasciarsi un po’ andare, favorito dal comportamento (chissà se) involontariamente comico del nostro un po’ grossolano ed irruento, ma anche maldestro protagonista: un uomo in caduta libera, certo, ma in fondo tutto proteso a venire a capo della vicenda quanto capisce (finalmente) la gravità della situazione e rimane invischiato nella tragedia familiare che lo vede accollarsi addosso il destino assai incerto di una tenera bambinetta tutta sola.
Un esordio che affronto solo ora, dopo aver visto gli altri due notevoli altri film del regista (il secondo, e secondo me migliore fra tutti è The yellow sea), e che conferma le grandi attitudini e premesse esistenti di fronte ad un cineasta di cui probabilmente sentiremo parlare a lungo, in attesa di vederlo nei suoi prossimi impegni.
Di grande contributo alla riuscita del concitato film - notevole già solo dal manifesto, che potete vedere qui sopra, davvero stupendo - due attori che sono delle star in patria: Yun-seok Kim, ottimo, ritroverà Hong-Jin Na in The yellow sea, come pure l’ancor più bravo (dà corpo e voce ad un personaggio subdolo, apparentemente freddo e menefreghista, ma in realtà lucido, scaltro e premeditatore e diabolico) Jung-woo Ha, visto poi anche in altre buone produzioni coreane come nameless gangster e il recente The Handmaiden di Chan-wook Park.
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