Regia di Hong-jin Na vedi scheda film
Un serial killer contatta ragazze squillo per sfondare loro il cranio con uno scalpello, ma si dà il caso che il protettore, un ex sbirro radiato dal corpo per corruzione, non sia completamente d'accordo, sicché si mette sulle sue tracce... Il thriller come meccanismo rivelatore, l'action come operazione di sabotaggio, il noir come ipotesi critica nei confronti dell'esistente: "The Chaser" ("L'inseguitore"), lungometraggio d'esordio di Na Hong-jin (classe 1974), scoperchia le aberrazioni della società coreana utilizzando il genere come piede di porco per scardinare l'ipocrisia della normalità. Istituzioni pigre e opportuniste, sessismo dilagante, discriminazioni e prepotenze a non finire: l'immagine della società coreana dipinta dall'esordiente Na (anche sceneggiatore) è di una ferocia da mettere i brividi. Seul osserva impassibile, testimone muta illuminata debolmente da luci smorte e lontane.
Pazzesca la messa in scena: lontana sia dal rozzo realismo di Kwak Kyung-taek ("Friend") che dalla trasfigurazione estetizzante di Kim Jee-woon ("A Bittersweet Life"), la regia di Na Hong-jin è frontale e devastante nella rappresentazione della violenza (era dai tempi di "Tell Me Something" che un thriller non osava tanto), tambureggiante e inesorabile nel crescendo drammatico (il montaggio alternato raggiunge picchi di assoluta tragicità) e di un'essenzialità esaltante nel togliere tutto il superfluo (nonostante la durata del film, 123', faccia pensare il contrario). Definito dalla critica uno "sleeper" (vale a dire un film uscito in sordina ma amplificato dal passaparola del pubblico), "The Chaser", grazie alla sua incandescente commistione di genere e critica sociale, è diventato il secondo maggiore successo coreano dell'anno con più di 5 milioni di spettatori. Morale della favola: a Hollywood si sono già accaparrati i diritti per il remake (William Monahan alla sceneggiatura e Leonardo DiCaprio come protagonista).
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