Regia di Kelly Reichardt vedi scheda film
Un cortile, un giardino, un paese, un continente tutto per sé. La distanza di una corsa. Il contatto della memoria. Un lungo/breve tratto di strada insieme. Una sosta imprevista e forzata. E poi il riprendere del cammino.
Interscambi ferroviari. Carrellata. Passeggiata.
Un secolo e mezzo dopo “Meek's CutOff”, solo un paio d'estati dopo un'altra...gita...di vecchia gioia e stesso cane alle Cascade[(s) Range] Mountains, e qualche anno prima che una diga venga fatta esplodere poco lontano da lì e un altro lungo treno merci entri in campo principiando un altro film con altre donne, certain, protagoniste a due stati (Idaho e Montana) e mille miglia di distanza, Wendy, moderna hobo, white trash / (not) working class (da August Sander, Robert Frank, James Agee e Walker Evans...), partita in cerca di lavoro da casa sua in Indiana s'una Honda Accord dell'88, vecchia di vent'anni, e diretta in Alaska (una meta perenne, da “the Gold Rush” a “Lolita”, il cui richiamo esula da Grandi Depressioni o Bolle Finanziarie) per raggiungere la sorella e il cognato, si trova a percorrere il tratto finale della pista dell'Oregon…
…Trail, a Portland (i cui abitanti ancora sanno le proprie radici e leggono “Sometimes a Great Notion” di Ken Kesey) quando l'auto la lascia in panne, viene arrestata per taccheggio grazie a un solerte e volenteroso sganappino -[in grado di mettere sotto scacco psico-burocratico (aka “Chi-me-lo-fa-fare? Non-voglio-noie-io!”) il proprio superiore con facilità estrema, manco fossimo in una distopia di orwell-huxleyana reificata]- a cui per lungo tempo sarà precluso il Principio d'Incompetenza di L.J. Peter e spianata ogni strada nella vita, chissà, e di conseguenza perde, lasciatolo alla stanga, il suo cane Lucy: se ne ripartirà più leggera, non più automunita, con un po' di saliva in faccia come ricordo temporaneo presto dilavata dalle lacrime, e dedicandosi al freighthopping (...a Mike Brodie) come novella Empress of th North Pole [Jack London (eh beh, a proposito di Canis lupus familiaris!), Robert Aldrich e Lee Marvin] e Alexandra Supertrump (Christopher McCandless, Jon Krakauer, Sean Penn e Emile Hirsch).
“Sai, oggi ricordavo che quando ero un ragazzo e andavo a caccia a volte smarrivamo il nostro segugio, così allora mio padre prendeva la sua giacca e la lasciava nel bosco, nell'ultimo posto in cui aveva visto il cane. Poi dopo cena andava a riprenderla, e quasi sempre tornava indietro col cane.”
Sceneggiatura della regista e Jonathan Raymond, su soggetto di quest'ultimo, il racconto “Train Choir”, contenuto nella raccolta “Livability”, pubblicata lo stesso anno dell'uscita del film.
Fotografia di Samy Levy (Frances Ha, Mistress America, Lady Bird) e montaggio, come sempre, della stessa Kelly Reichardt.
Michelle Williams è, semplicemente, il film. Il suo volto. Passo passo.
Lucy è cresciuta da “Old Joy”, è passata dal campeggiare con due maschi al viaggiare con una femmina, ed è bravissima a riportare il bastone (un po' meno a mollarlo).
Will Oldham, oltre a comporre alla chitarra la Theme's/Wendy's Song dei titoli di coda, ha un monologo...degno...di quello in “A Ghost Story”: meno cosmogonico...ma mica poi tanto. Completano il gran cast un eccellente Walter “Wally” Dalton (la guardia di sicurezza), un ottimo Will Patton (il capo-meccanico), e Larry Fessenden (il vagabondo notturno nel bosco) e Ayanna Berkshire (l'impiegata del canile) in due piccole, divergenti e rimarcabili parti.
Capo-branco temporaneo nostro che sei in veranda o davanti al camino,
sia guaito, abbaiato, uggiolato, latrato, ululato il tuo nome,
venga il tuo armento, vengano le tue greggi,
sia fatto il tuo fischio ultrasonico, il tuo comando,
come in caccia così a cuccia.
Dacci oggi la nostra ciotola quotidiana,
rimetti a noi le nostre gambe di sedie e di tavolo mangiucchiate,
così come noi rimettiamo a te i bastoni lanciati e non ancora recuperati,
e non ci indurre al ringhio, non ci esporre ai cigli delle autostrade,
ma liberaci dalle pulci, e riempici di coccole.
Amen. Worf. Bau-bau!
Binari. Carrellata. Viaggio.
"Wendy and Lucy" è un film che, (dis)armato di sincerità, (s)muove alla commozione, punto.
* * * * ¼
Nota.
Filmo/graphicnovelgrafia recente (con solo un pensiero quindi per “Old Yeller”, “White Dog”, “Cujo”, “Antarctica”...), con uno sguardo all'indietro di 25 anni:
“Allevare un Cane e Altri Racconti” ('91-'92) e “i Cani degli Dèi (Bianca)” ('95-'96) di Jiro Taniguchi (1947-2017), “My Dog Tulip” di Paul Fierlinger ('09), “Up” di Pete Docter ('09), “Frankenweenie” di Tim Burton ('12, remake di animazione in stop-motion / passo-uno in B/N del corto/mediometraggio in live action in B/N dell'84), “Adieu au Langage” di Jean-Luc Godard ('14), “Heart of a Dog” di Laurie Anderson ('15), “Wiener-Dog” di Todd Solondz ('16).
Una scena in un canile quasi altrettanto potente nel cinema di questi ultimi anni si ha in "the Free World".
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta