Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film
Bobby Sands come Gesù Cristo. La via crucis; flashback: il pensiero e le opere; flashforward: l'agonia. Nulla di blasfemo o irrispettoso nei confronti della religione, a conti fatti: perchè il cattolicesimo di Sands fu strenuamente difeso fino alla fine da lui stesso, ragazzo cresciuto nella parte protestante di una città fortemente divisa dal credo, come Belfast. L'esordio di Steve McQueen alla regia è con questo film complicato e ambizioso, non del tutto riuscito proprio a causa di questi eccessi autoriali in definitiva più pretenziosi che significativi, più tesi a 'marcare il territorio' da parte di un giovane (classe 1969) debuttante di carattere, che effettivamente fruibili dal pubblico. Non c'è granchè da godersi nella sonnolenta sezione centrale, infinito pianosequenza a camera fissa di due personaggi attorno a un tavolo, nella quale la pesante verbosità vorrebbe probabilmente ripagare - nelle intenzioni della sceneggiatura firmata da McQueen ed Enda Walsh - la quasi totale mancanza di dialoghi nel resto del film; non c'è granchè da esaltarsi neppure nelle parti d'inizio e di conclusione, maggiormente riuscite ma egualmente 'mutilate': qui regnano l'azione e la spettacolarità, ma le parole possono contarsi sulla punta delle dita. Il corpo di Fassbender nel finale è ormai realmente quello di un martire, feticcio della santità raggiunta tramite l'umiliazione fisica, carcassa appesantita dal grave fardello di un'ideologia incompresa e soppressa con la violenza; bello, evocativo, ben rappresentato, ma in definitiva - come già rilevato - troppo 'lontano' dal pubblico. Il protagonista tornerà nella successiva opera di McQueen, quello Shame che ha rivelato il regista anche da noi, dove - proprio per questo scoppio ritardato - Hunger è arrivato nei cinema con quattro anni di ritardo. 5/10.
La detenzione e le torture cui fu sottoposto Bobby Sands, indipendentista nordirlandese morto nel 1981 a seguito di un prolungato sciopero della fame.
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