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Tony Manero

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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La recensione su Tony Manero

di Peppe Comune
8 stelle

Santiago del Cile, 1979, durante la dittatura militare di Augusto Pinochet. Raùl Peralta (Alfredo Castro) rimane ossessivamente infatuato del personaggio Tony Manero interpretato da John Travolta ne “La febbre del sabato sera”. Va tutti i giorni al cinema per vedere il film ed è ormai diventato un ballerino di discreto talento. Si esibisce nella piccola sala da ballo di Wilma (Elsa Poblete) dove insieme a Goyo (Victor Morales), Cony (Amparo Noguera) e Pauli (Paola Lattus) preparano degli spettacoli per gli occasionali avventori. Alla televisione danno un programma dove cercano dei sosia di Tony Manero per una gara di ballo e premio finale. Raùl si presenta per l’audizione, perché il suo sogno più grande è quello di sfondare nel mondo dello spettacolo ricalcando proprio le orme del suo mito. E per arrivare a questo è disposto veramente a tutto.

 

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Tony Manero - Alfredo Castro 

 

Non inganni ne il titolo ne la trama, perché “Tony Manero del cileno Pablo Larrain è un  bel pugno nello stomaco, un film dalla bellezza algida, percorso da un atmosfera febbrile che serve a farci cogliere l’essenza degenerativa del regime militare senza che si faccia diretto riferimento alla condizione politica del paese. Larrain sceglie di parlare della dittatura militare in maniera obliqua, portando ad identificare il vissuto dei protagonisti col più generale stato di imbarbarimento della società e pedinando il passo dolente di Raùl Peralta (un grande Alfredo Castro), una specie di sognatore alieno che cammina sempre rasente i muri per non incappare nelle ronde militari, un uomo assai deviato psicologicamente, prim’ancora che dalla smania di emergere ad ogni costo, da un ambiente circostante che sembra ricordargli ogni attimo cos’è più giusto fare per realizzare più in fretta possibile i propri obiettivi. Il film e il personaggio di Tony Manero non rappresentano quindi il momento di evasione da una vita irrigimentata dal regime militare, la legittima fuga verso l’esterno, ma l’elemento che contribuisce ulteriormente ad alimentare le spinte ossessive di una personalità deviata. Nel ventre molle di un paese malato, Raùl Peralta trova un ingiustificato movente per portare a compimento le sue insane sensazioni. Pablo Larrain è stato molto bravo a fare di Raùl Peralta lo specchio emblematico di un intero paese, sia mostrandoci la crisi identitaria in atto attraverso la rincorsa ossessiva di modelli culturali effimeri e consolatori, simbolo di un disimpegno dalle sorti reali del paese, che facendo della disordinata amoralità di Raùl l’effetto assai possibile dei germi involutivi seminati dalla dittatura. Raùl Peralta agisce con imperturbabile serenità, come chi sa che le sue malefatte, se non devono rimanere impunite, possono almeno celarsi meglio nel generale clima di terrore. Lui ha uno scopo ben preciso e ogni ostacolo che vi si frappone deve essere necessariamente rimosso. Tanto, in un paese che ha regolarizzato la violenza, i suoi peccati possono passare come degli effetti collaterali facilmente assorbibili. Nel suo piccolo mondo lui è una specie di Dio, un Tony Manero dei poveri appunto, Goyo lo ammira e lo contraddice mal volentieri, le tre donne se lo contendono in amore, dalla matura Wilma alle più giovani Cony e Pauli (che sono madre e figlia), come un premio che è bello mostrare in pubblico finchè ha valore e non smette di luccicare. "Finchè si è di moda” , come dice Wilma a Raùl parlando di come si comporteranno le due "giovani donne" quando sarà passata la febbre per Tony Manero. Perché la moda può veicolare le sensazioni e i comportamenti a seconda dello stato emotivo contingente, può far esaltare se si riesce a diventarne partecipi o deprimere se vi si è tagliati fuori, può dare luce se vi si conforma passivamente o togliere patenti di cittadinanza se la si osteggia. Ma le mode passano e se uno si è fatto ubriacare troppo dalle sensazioni del momento rischia di rimanere con tante aspettative andate deluse e un cumulo di cicatrici in fondo al cuore. Proprio come succede con le dittature.

 

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