Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
Ci sono film "particolari" che diventano dei "casi", spinti con determinazione da una critica che intende segnalarli all'attenzione di un pubblico potenzialmente pigro (funzione importantissima della critica quest'ultima, di cui non sempre la stessa critica si ricorda!). Cito i due esempi più recenti in cui mi sono imbattuto personalmente, due "gemme" di cui ho colto le segnalazioni insistite di molte recensioni che ne raccomandavano la visione: "L'ospite inatteso" e "Stella". Nella fattispecie di entrambe le pellicole citate, i "caldeggiamenti" dei critici hanno creato un interesse che ha indubbiamente giovato agli incassi dei due film, anche se parliamo di cifre modeste, trattandosi di opere distribuite in poche copie. Le due pellicole di cui ho fatto cenno hanno in comune che, pur essendo agli antipodi dei blockbusters, sono entrambe gradevoli e appassionanti. Perchè questa lunga introduzione? Per arrivare a dire che questo "Tony Manero", pur supportato anch'esso con entusiasmo dalla critica, è invece film di una sgradevolezza a livelli di squallore davvero spinto. Il film è talmente brutto (nel senso di incrocio fra "povero" e "squallido") che provoca un senso quasi di fastidio. E infatti in sala non manca chi esprime disgusto e perfino qualcuno che prende su ed esce sibilando improperi. Ma tutto ciò che ho appena scritto, per quanto possa apparire bizzarro, è frutto di una scelta di stile precisa, anzi è proprio la cifra stilistica che contraddistingue l'opera. Il problema è che lo spettatore è chiamato ad uno sforzo non da poco: quello di "entrare" dentro il clima squallido di ciò che vede, prenderlo per buono, farci i conti, e capire che una storia squallida, e soprattutto un protagonista squallido,
non possono essere raccontati se non dipingendo con estremo realismo un contesto ambientale altrettanto squallido, e, volendo estrarne l'essenza, non si può evitare di sporcarsi le mani ed immergersi nello squallore. Se lo spettatore riesce a superare questa sorta di barriera, allora potrà anche apprezzare il film fino a considerarlo un capolavoro. E infatti la critica ha espresso un plebiscito di consensi senza riserve. Senza contare poi i premi di cui ha fatto incetta al Torino Film Festival. Devo però confessare con estrema sincerità che lo "sforzo" cui accennavo prima a me è riuscito solo in parte. Cioè: avverto il valore, il coraggio, la qualità intransigente ed il rigore di questo film, ne ho la percezione, magari faticosamente, ma ce l'ho. Però francamente non riesco ad individuarvi un capolavoro. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che non possiedo quelle armi critiche necessarie per riuscire ad abbattere tutte le barriere (sia di cultura che di "gusto") che un film del genere inevitabilmente innalza intorno alla propria fruizione. Dunque, alla fine, lo trovo un film originalissimo, e ne consiglio comunque la visione se non altro come esperienza interessante, ma tuttavia mi ha lasciato addosso un senso di disagio che non è stato faciile rimuovere. A questo punto, dopo che ho usato il termine "squallido" circa una ventina di volte, posso capire di aver suscitato curiosità presso chi ancora non ha visto il film: tranquilli, la parola che ho utilizzato non sottintende alla visione di escrementi, corpi in decomposizione o altre schifezze: no, qua lo squallore è nelle piccole cose, nella quotidianità, nella patologia mentale del protagonista, nella ottusità dei personaggi che lo circondano e nella triste rassegnazione che li pervade, nelle aspirazioni improbabili a cui essi affidano la speranza di un riscatto da esistenze miseramente brutte. Insomma, c'è poco da stare allegri durante la visione....tanta è la carica di DESOLAZIONE infinita che si percepisce dalle immagini. Ma poi c'è un'altra cosa fondamentale, per quanto questa rimanga sempre sullo sfondo e si manifesti riaffiorando qua e là senza apparente clamore, ed è l'insediamento del regime di Pinochet in un Cile in cui il tessuto sociale è in via di disgregazione. La qualità della vita delle persone sta andando in pezzi, mentre una polizia segreta opera incessantemente nell'ombra, spiando e pedinando, demolendo poco per volta ogni spazio di libertà e di dissenso. E tutto questo quasi senza che il popolo se ne accorga: significativa la frase di una anziana casalinga, quando dice bonaria e compiaciuta che "Il generale Pinochet ha gli occhi azzurri". Ma la contrapposizione più stridente e assordante è quella fra la tragedia che sta investendo il popolo cileno e i suoi diritti civili e le baracconate inaudite programmate dalla televisione con l'evidente intento (peraltro efficacissimo) di anestetizzare i cervelli. A quel punto, le menti più deboli, gli esseri più soli e dunque più suggestionabili, vengono "plagiati" dalle fesserie propinate dalla tv, e arrivano dunque ad attribuire a queste palesi idiozie la valenza di un sogno di riscatto. E il nostro Raul è con ogni evidenza un soggetto particolarmente predisposto. Quest'uomo è lo squallore fatto persona. Eppure ha due donne (madre e figlia!) che gli ronzano intorno, e con le quali consuma tristi rapporti veloci e incompleti. E si tratta comunque di donne perfettamente inserite in quel malinconico paesaggio umano che le circonda, dunque prive di qualunque consapevolezza e capacità di reazione. Sullo sfondo un Cile allo sbando. Il nostro Raul, poi, qualche problema psichico in più lo deve avere, se ogni tanto viene assalito da impulsi devastanti di violenza che lo portano ad eliminare fisicamente persone che nemmeno conosce. Ma Raul ha una carta vincente nella manica, almeno nella sua ottica di persona ormai mentalmente labile e di lucidità assai precaria: dimostrare a tutto il mondo che il suo culto per Tony Manero implica qualcosa di grandioso e che merita una risposta, un attestato, un premio che ricompensi e sancisca tanta devozione. Ma purtroppo il solo esito che Raul raccatta è una ulteriore scarica di frustrazione. E dovreste vedere che tipetto, il conduttore dello "show dei sosia" cui Raul partecipa: un individuo allucinante tra il "lunare" e il grottesco. La tragedia di un uomo che non c'è più in un Paese che si sta disfacendo. La rinascita di quest'uomo e la Libertà del suo Paese sono sogni. Illusioni che muoiono all'alba. Raul è privo di coscienza e si ritrova preda dei fantasmi della sua mente...il Cile è privo di coscienza e si ritrova preda dei fantasmi liberticidi di una dittatura. Strano a dirsi, ma la bellezza di questo film sta nella sua bruttezza. Ammesso e non concesso che lo spettatore sia disposto a lasciarsi sedurre dal supposto fascino della bruttezza.
Voto: 6/7
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