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Liverpool

Regia di Lisandro Alonso vedi scheda film

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La recensione su Liverpool

di OGM
6 stelle

Lisandro Alonso, trapiantato tra i ghiacci della Terra del Fuoco, si trasforma, come per incanto, in Aki Kaurismäki: si direbbe in quello de Le luci della sera, sia pur drasticamente diluito nella fredda desolazione delle lande innevate.  Il regista argentino si sovrappone al suo omologo finlandese persino nelle suggestioni scenografiche ispirate a Edward Hopper, con le prospettive profonde ed oblique, ed i contrasti tra i colori fondamentali. Alonso si estrania così dal suo elemento naturale della prima ora, la natura vivida e selvaggia delle giungle e delle praterie, per perdersi in un gelido deserto invernale, dove la rarefazione della solitudine meditabonda è come un’eco che tristemente si spegne nell’aria ovattata. L’esperimento è coraggioso, ma  il punto è che quella particolare poesia esotica, amara di povertà, di polvere, di sete, di lotte primordiali, di mani che spaccano i rami e  catturano animali, non sembra resistere alle basse temperature, che, per fare legna e per cacciare,  impongono l’uso della sega elettrica e delle tagliole. Si può dire che nel clima rigido l’uomo cessi di essere protagonista attivo della sua avventura, per divenirne un semplice utente timoroso e infreddolito, del tutto privo di forza e di carattere. Questo film che, se non fosse per quello spagnolo pronunciato con l’inconfondibile accento da gauchos, si potrebbe ascrivere all’ormai collaudato filone del cinema nordico, mostra la debolezza tipica di chi si tira indietro, come per risparmiare le energie. È pur vero che questo Liverpool, che, nelle intenzioni dell’autore, doveva essere una storia di “mare, porto, freddo, neve, alcol e montagna, e molta solitudine” dimostra di aver realizzato i tre obiettivi da lui stesso dichiarati in un’intervista: il prevalere, nello sviluppo narrativo, dei singoli “momenti e situazioni”, il “piacere estetico” per lo sguardo, e le “piccole incognite” che circondano i personaggi. Tuttavia, purtroppo, il discorso finisce qui, senza che, dal punto di vista creativo, sia stato aggiunto nulla al risaputo.

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