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De la guerre. Della guerra

Regia di Bertrand Bonello vedi scheda film

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La recensione su De la guerre. Della guerra

di alan smithee
8 stelle

“Oggi il piacere bisogna guadagnarselo con lo stesso sforzo con cui si vince una guerra”…parola del guru Asia Argento-Uma, tratte a sua volta dal “De la guerre”, trattato di strategia militare di Carl von Clausewitz di inizi ‘800.

La ricerca di uno stato di estasi, di gioia, di sublimazione, finisce per sopraffare a tradimento il regista Bertrand (Mathieu Amalric) nel momento in cui, durante un sopralluogo presso una agenzia di pompe funebri, rimane accidentalmente incastrato dentro una bara nella quale ironicamente si era adagiato per riflettere. Ne esce il giorno dopo, dopo una notte estatica trascorsa a riflettere sull’inutilità di tutto il suo agire convulso e senza senso.

L’idea di uno stacco matura ancora di più quando, proprio nei pressi della medesima agenzia, l’uomo incontra un individuo claudicante (Guillaume Depardieu), una sorta di angelo che condivide con lui questi suoi nuovi sentimenti e sensazioni, ed induce a mettere in contatto l’uomo con una comunità che vive nei pressi di un sontuoso maniero nei pressi di un bosco.

Stabilitosi in quel posto tra molti scetticismi, l’uomo intuisce poco dopo che il percorso intrapreso dagli ospiti di quella stramba comunità, è davvero in grado di far loro raggiungere una serenità ed un distacco dagli stress inutili e senza senso che invece regolano i processi costruttivi della società moderna.

"Quand on ne jouit pas, on se répose": etica ed essenza di stabilire dei limiti e ponderare il da farsi, evitando di agire per inerzia e bulimia senza freni né pudori.

Seduta dopo seduta, esperienza dopo esperienza, l’uomo prova a tornare alla vita normale, al suo lavoro, visto che tutti lo cercano, il progetto del film in corso ha subito ritardi ed i produttori e lo stesso attore protagonista (lo interpreta Laurent Lukas, non a caso protagonista del precedente film di Bonello, Tiresia, citato in più circostanze durante questo film) lo inducono a tornare per riprendere le fila di un lavoro sospeso da troppo tempo.

Ma il regista intuisce presto che la sua dipendenza nei confronti della dimora è ancora necessaria, impellente, inevitabile, e pertanto fugge nuovamente per rifugiarsi nella comune.

Bertrand è Bonello stesso, non è un mistero, come è evidente che De la guerre (inizialmente intitolato Le Royaume) è il film più personale e privato di un regista che ci parla di se stesso e nello stesso tempo esplicita questo suo malessere nei confronti di una società sclerata e schiava del profitto.

Il regista ha confessato aver voluto aprirsi esplicitando il proprio stato d’animo, e dunque di aver voluto girare quel film così privato, solo in seguito all’aver individuato in Amalric e nella Argento i due interpreti ideali, unici ed insostituibili, senza i quali il film sarebbe rimasto un’idea nella mente, lontana dal poter essere concepita e tramutata in film.

Un film sul non sapere cosa raccontare, sulla necessità di fermarsi per riflettere, sulla necessità di cercare l’ispirazione e smetterla di muoversi e lavorare per istinto o inerzia, lasciando da parte o addirittura rifuggendo le tentazioni del business che incombe e illude con le sue prospettive di successo e soldi, illusorie e senza basi solide.

Un film sulla morte interiore, che ammutolisce, rende macchine amorfe senza stimoli e senza nessun impeto di vita o creativo, elementi necessari nella vita di chiunque, tanto più preziosi in quella di un creativo impegnato in un cammino personale che non sia guidato da sole mire economiche o di notorietà commerciale.

Visto per la prima volta alla Quinzaine des Réalisateurs nel 2007, quando di Bonello avevo visto (ed apprezzato) unicamente Le Pornographe, il film mi aveva disturbato assai, creandomi quasi un senso di repulsione verso quella storia di guru e di abili giocolieri della mente e delle insicurezze umane.

Rivedendolo, sulla scorta di una conoscenza più completa dell’ottimo cineasta nizzardo, De la guerre ha acquistato in me tutta la potenza che il film non aveva saputo comunicarmi in precedenza, divenendo un tassello fondamentale ed anche unico pure per me, in capo ad una filmografia ancora limitata (sette film ad oggi con il recente Nocturama), ma di grande spessore e potenza espressiva.

Citazioni cinefile sparse ovunque che non si limitano ad autocitazioni: c'è Cronemberg ed il suo enigmatico Existenz, c'è il Coppola quasi ostentato di Apocalypse Now in una foresta degna di Kurtz.

Nel gran cast che completa i nomi eccellenti già spesi, possiamo annoverare Clotilde Hesme nel ruolo della consorte ammutolita del nostro cinesta, ma pure Aurore Clément (a proposito di Apocalypse Now!!) nel ruolo di sua madre, e ancora Michel Piccoli, la giovanissima Léa Seydoux e la sofisticata Elina Lowensohn.

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