Regia di Radu Muntean vedi scheda film
Gli interminabili piani sequenza di Radu Muntean esprimono la volontà di non mollare. Di restare con lo sguardo attaccato ad una realtà che non sembra niente di speciale, eppure è quella in cui, senza mezzi termini, si manifesta la vita. Questa si sazia di luoghi comuni, la sua fisiologia segue la tabella di marcia della routine quotidiana, il già sentito è musica per le sue orecchie, il già visto una meraviglia per i suoi occhi. Bogdan Ciocozanu, detto Boogie, è il classico uomo medio: sposato, con un figlio piccolo e uno in arrivo, piccolo imprenditore nel settore dell’arredamento, un artigiano che si è messo in proprio e si è ingrandito. Un trentenne che è accusato dalla moglie Smaranda di trascurare la famiglia, e che una sera, dopo un’accesa discussione, esce di casa e va a passare la notte con due suoi amici, Iordache e Pepescu, tra sigarette, alcolici e divertimenti tipicamente maschili. La storia è tutta qui: non c’è rivelazione, e non c’è mistero. Una vicenda marginale, non a caso ambientata a Neptun, una località balneare della costa romena, ormai passata di moda, e per di più ritratta fuori stagione, quando i villeggianti non sono lì ad affollare le strade e le spiagge. Il deserto circonda la banalità e l’irrilevanza, e, per una volta, consente di seguirle da vicino, mettendo a fuoco tutte le sfumature di cui si compone il complesso spettro della futilità. Muntean non recede di fronte a quello che, per quasi tutti, è un desolante spettacolo: anzi, lo abbraccia con l’appassionata pazienza di un cesellatore, attento a riprodurne con cura ogni dettaglio, per ottenere un effetto di naturale ed elegante realismo. La sua macchina da presa cattura le immagini che restano fuori dagli album fotografici delle famiglie: le situazioni in cui gli eventi da mettere in cornice (la nascita della seconda figlia di Boogie, il prossimo matrimonio di Iordache) si preparano e sono discussi, commentati, diventando argomento di scherzo e o di litigio. Nei discorsi, le prospettive future (un cambio di lavoro, un trasferimento, una vacanza all’estero) si mescolano con i ricordi del passato (la morte di un amico, la fine di un amore, il fallimento di un sogno): il presente è sempre e solo la parentesi impossibile da vivere direttamente, perché funge solo da contenitore per le riflessioni sul tempo che, inesorabilmente, sta passando (logorando i rapporti umani ed i mobili montati male, diradando i capelli in testa e i frequentatori dei locali in declino, facendo crescere i prezzi ed il bagaglio delle disillusioni). Muntean, comunque, ci costringe a starci dentro, a quel veicolo, rozzo e scomodo, a bordo del quale i personaggi attraversano gli istanti di una vita prima rigorosamente programmata, poi tristemente abbandonata agli umori del momento. Sfacelo è la perdita di fiducia nei propri progetti, che lascia l’abitudine e l’improvvisazione come le uniche alternative praticabili. Boogie, nel weekend del primo maggio, riuscirà a sperimentare entrambe le soluzioni, però mai da protagonista; saranno la moglie da un lato, e gli amici sul versante opposto, a trascinarlo in una o nell’altra direzione, verso la casa dove la notte si spegne la luce e si va a letto, badando a non svegliare il bambino, o verso il mondo in cui si scorrazza in libertà, facendo le ore piccole in allegra compagnia. Boogie ci trasporta in una dimensione in cui i dilemmi si sciolgono da sé, nell’inerzia che tutto accetta e tutto rapidamente dimentica; perché la necessità di sopravvivere ha estromesso dalle sue opzioni, oltre allo scrupolo morale, anche la possibilità del dramma.
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