Regia di Jia Zhang-ke vedi scheda film
MUBI
"Ciò che abbiamo pensato e fatto deve vagare e diluirsi, come latte versato su una pietra".
Nella città di Chengdu, una vecchia fabbrica di apparecchiature per aerei militari riconosciuta col numero 420, viene delocalizzata e sostituita da un centro residenziale abitativo di gran lusso chiamato 24 City. Una manciata di ex operai o di loro parenti testimonia ognuno la propria spesso drammatica esperienza che questa circostanza ha creato per centinaia di famiglie della classe più povera.
Un falso documentario, in realtà più vero del vero, per raccontare le spesso drammatiche conseguenze che si ripercuotono su tre differenti generazioni, in occasione della dismissione di una fabbrica metalmeccanica, dislocata fuori del centro abitato di Chengdu, per favorire lo sviluppo di un quartiere residenziale di lusso chiamato appunto 24 city. Un'altra occasione per il gran regista cinese Jia Zhang-ke di sorprenderci con i suoi scorci urbani mozzafiato, le sue nebbie (questa volta quasi sempre artificiali e frutto della disgregazione dei detriti del vecchio corpo immobiliare in corso di smantellamento), e la innata capacità del cineasta di saper creare vedute che paiono quadri, attraverso la potenza di riprese perfette e seducenti.
Un film che sorprende anche per la presenza di un manipolo di attori ispirati (alcuni anche assai famosi come Joan Chen e la consorte Zhao Tao), che si raccontano alternandosi ai veri testimoni di vita protagonisti, anzi vittime senza scampo di un cambiamento sin troppo radicale ed imposto dalle solite, prevaricanti leggi del potere e del business.
Insomma a metà strada tra documentario e fiction, che dà vita e forza ad un film magnifico, in cui la narrazione si ibrida al documento, creando uno stile di racconto unico, coinvolgente, coadiuvato da una forza delle immagini dal forte impatto scenico.
"Se si ha qualcosa da fare, si invecchia più lentamente".
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