Regia di Erik Van Looy vedi scheda film
The Alzheimer Case ( titolo internazionale alternativo The memory of a killer, titolo originale De zaak Alzheimer) è un film belga targato Erik Van Looy che si situa tra il torbido thriller americano e il noir francese di cui , anche per ragioni geografiche, riprende alcune tonalità.
Introdotto da un incipit adrenalinico in cui un malvivente sta vendendo per farla prostituire sua figlia a un tizio che si rivela essere un poliziotto, il film poi si snoda attraverso una storiaccia di vendetta e d'onore, oltre che di ripercussioni sulle alte sfere( anche della polizia).
L'onore però è quello del killer, il marsigliese Angelo Ledda , macchina di morte praticamente infallibile a dispetto di un'età non più verdissima che, noleggiato per un lavoro che metta a tacere un certo scandalo, si rifiuta di eseguire l'omicidio della bambina dell'incipit, ora più cresciuta, ma sempre minorenne.
Come nei film di Melville anche i sicari hanno un codice d'onore. In certi casi anche più sviluppato di quello dei poliziotti.
Il problema è che la ragazzina viene fatta fuori da un "collega" con meno scrupoli di Angelo e lui si arrabbia. Moltissimo, al punto da pianificare un massacro.
Angelo si annota indirizzi e numeri di telefono sugli avambracci, ha sempre con sè delle pillole che gli servono quando le sue connessioni cerebrali cominciano a scricchiolare, tende a dimenticare le cose.
Ha l'Alzheimer.
Il film di Erik Van Looy è un thriller di robusta fattura , immerso totalmente nelle logiche di genere senza tante complicazioni esistenziali (la coscienza di Ledda viene fuori solo con la bambina, altrimenti è spietato) che non ha la raffinatezza di linguaggio delle scatole cinesi diMemento o le coreografie stilizzate di Vendicami di Johnnie To.
Ha un'eccellente costruzione della suspense, ottime scene action ( da manuale della suspense l'assalto del killer alla casa fortino dove è rinchiuso il "Barone" protetto da tre poliziotti) e un personaggio principale, l'Angelo Ledda interpretato dall'esperto e bravissimo Jan Decleir, che buca letteralmente lo schermo con la sua faccia che sembra rubata al monte Rushmore e il suo fisico non esattamente scolpito ma assolutamente efficiente.
Il problema è quella dannata malattia.
Ambientato ad Anversa ( ben lontana dallo stereotipo turistico anche se un tassista ci rende edotti sul fatto che sia molto più bella di Bruges) tra periferie semiabbandonate, castelli bunker e interni di uffici giudiziari, The Alzheimer Case si muove con stringente efficacia su vari piani narrativi che confluiranno in un finale magari scontato ma assolutamente ben congegnato: l'indagine poliziesca, gli intrighi per nascondere le persone importanti coinvolte, il furente one man show di Ledda che, abituato sempre a risolversi le questioni da solo, cerca di assicurare i colpevoli alla sola giustizia che riconosce.
Quella divina.
E' lui l'arma vincente di questo film che tiene incollati alla poltrona dal primo all'ultimo minuto.
E'un peccato che una pellicola valida e dall'appeal commerciale come questa non abbia avuto la diffusione che meritava.
(bradipofilms.blogspot.com)
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