Regia di Shane Carruth vedi scheda film
Due giovani scienziati elaborano una macchina del tempo in garage. Possono fare solo viaggi brevi, di qualche ora al massimo, e soprattutto stando attenti a evitare di incontrare i loro sé stessi alternativi.
Risalta a perfezione, vedendo questo Primer, la differenza tra un film dalla trama caotica e un film dalla trama lineare, ma esposta in maniera caotica. È normale che venga subito in mente Nolan: Memento o Inception, per dire, hanno trame per certi versi in sintonia con quella di questa pellicola – ma per quanto la messa in scena possa essere dotata di mistero e tensione, un senso alla fin fine ce l’hanno. E se non lo cogli alla prima visione, una seconda può rivelarti molti dettagli passati precedentemente inosservati. Primer invece è l’involuzione narrativa fatta film: troppo poco di utile viene detto, tutto il resto lo devi ricavare da internet – e meno male che ci sono Google e Wikipedia – da informazioni correlate alle spiegazioni che il regista ha dato sul suo film. Altrimenti non c’è niente da fare: Primer è un’ora e un quarto di vane chiacchiere colme di termini tecnico-scientifici sparati (apparentemente?) a casaccio, senza un finale e, colpa ancor più pesante, senza un inizio: non si capisce neppure quando il prologo nebuloso si chiude per dar spazio alla storia propriamente detta. Male, male, male; soprattutto perché l’idea di partenza poteva sembrare interessante. Opera prima a bassissimo budget per Shane Carruth, che si occupa oltre che della regia e della sceneggiatura anche del montaggio, del casting, della produzione e della colonna sonora; ah, già: è anche tra i protagonisti del film – dicevamo: Primer ha vinto due premi al Sundance e da lì ha avuto inizio la sua scalata verso il successo; effettivamente a parte per la bella fotografia sgranata di Troy Dick, non c’è granché da compiacersi. 2,5/10.
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