Regia di Aurelio Grimaldi vedi scheda film
Ogni nazione deve fare i conti prima o poi col suo passato scomodo. Fuori dagli schemi, Grimaldi s'impegna in questo film a svelare un'immagine più sincera rispetto ad altri di quel pantano ideologico e violento che sono stati gli anni di piombo, da un lato attraverso un processo di "umanizzazione" dei protagonisti, dall'altro di "disumanizzazione" dei meccanismi della realtà. La fragilità interiore e la ragion di stato, o se si vuole cuore e cervello, si scontrano continuamente in una sceneggiatura a tratti fluida e accattivante, a tratti spezzata e straniante ma comunque irriverente e tagliente come poche volte si usa fare in Italia (memorabile in tal senso la scena dell'interrogatorio dell'insegnante). Aleggia su tutto il Sudamerica di Pinochet come parallelo estremo di una democrazia di facciata che da decenni caratterizza il nostro paese. Un po' scontate sembrano alcune scelte stilistiche, prima fra tutte una fotografia smaccatamente "vintage" che sottrae intensità al film ma il regista ci ha ormai abituato all'idea del capolavoro mancato sin dal suo "Le Buttane".
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