Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Bellissimo questo film di Amelio, e umanissimo. E' una di quelle opere che riesce a cogliere l'essenza dei personaggi e delle situazioni tramite pochissimi ma indovinati cenni. Il regista mostra prima la condizione di tremendo disagio in cui vivono i due bambini, dalla quale vengono traumatizzati e segnati con sintomi come il mutismo e la chiusura in se stessi. Poi, gradualmente, il rapporto umano che si instaura con il carabiniere li tira fuori dall'abisso di disperazione, e li guarisce. E' un cammino che compiono sia loro che il carabiniere stesso, perché questi non ha certo in programma, all'inizio, di dare ai bambini una boccata di ossigeno, cioè di amore. Il viaggio che compiono, però, insegna qualcosa a tutti. Il carabiniere, tra l'altro, finisce per essere loro quel padre di cui sono stati privati.
Il regista contrappone il rapporto sincero e umano che si instaura tra i tre sia alla cattiveria e ai pregiudizi degli altri (vedi la donna della festa al ristorante), che alla grettezza dei burocrati. Memorabile, a questo proposito, l'episodio in cui il carabiniere viene redarguito dal maresciallo, vero paladino di un diritto che non garantisce nessuno ma solo schiaccia le persone.
Il contributo degli attori, in tutto questo, è decisivo. Su tutti è da encomiare Enrico Lo verso, ma anche gli altri fanno la loro parte, compresa la bambina Valentina Scalici.
L'ambientazione è un Italia sporca degradata, presa sempre negli scorci meno nobili (fatta eccezione per l'episodio sulla scalinata della chiesa).
La pellicola è anche uno spaccato sul dramma della prostituzione minorile, un inferno su cui molti italiani, che si recano per fruirne nei paesi più poveri, preferiscono chiudere un occhio. La sequenza iniziale, dove il ricco maiale giunge in casa ed entra nella cameretta della bambina, è agghiacciante. Probabilmente il migliore film di Gianni Amelio (e degli anni '90).
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