Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Tempo fa lessi un’intervista a Silvio Orlando in cui diceva che Il ladro di bambini è il film simbolo della sua generazione. Se ne potrebbe appoggiare la tesi. Cerco di spiegarne il motivo. Questa dolce e triste storia di amore e di amicizia avvolge con intenso calore ogni aspetto della civiltà italiana più povera. È un film di umili, girato con umiltà. Tutto è veicolato verso la costruzione di qualcosa che dovrebbe essere accostabile alla serenità. Non è più mondo per vivere felici, si rinuncia sin dal principio a cercare di rincorrere quell’ideale di vita compiuta: una bambina di undici anni che si prostituisce, il di lei fratello trascurato, la mamma in galera. Pretendi solo una silente tranquillità. La quiete dopo la tempesta umana. Il fatto è che però il film di Amelio è sommessamente pessimista: non ha più speranza nei confronti della burocrazia, rifiuta di credere più alle promesse delle istituzioni, si è pronti a tutto, anche ad andare fuorilegge (che vuoi che sia un abuso edilizio?, si chiede un personaggio). Ecco perché la personalità del carabiniere sembra fungere da luce salvatrice. Un uomo che ha la propria stella polare non solo nel rispetto delle regole, ma soprattutto nel rispetto verso chi è meno fortunato, e quindi interpretato come un’anima rara, da preservare. A lui vengono affidati i bambini, quasi come se fosse un’ultima possibilità di scampo per quegli esseri non più puri ma già vissuti. È la storia di un’infanzia negata, che parte dall’ipocrita nord (ipocrisia intesa come un luogo dove si fa credere ciò che non esiste – la prostituzione della bambina in un contesto tutto sommato “ordinario” come Milano, in realtà che nasconde una periferia meschina e squallida) per scendere nel pazzo sud delle mille contraddizioni (si va al nord alla ricerca di un posto fisso e si ritorna giù più precari che mai). L’Italia non ci fa una bella figura, ne Il ladro di bambini, dagli alti ufficiali dei carabinieri agli istituti per l’infanzia. Un film importante per almeno una generazione: ha scardinato il mito dell’Italia felix e ne ha messo in luce i molteplici ed irrequieti lati oscuri.
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