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Il ladro di bambini

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

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La recensione su Il ladro di bambini

di steno79
9 stelle

Gianni Amelio è un regista che si è inserito con grande talento sulla scia di un cinema umanista che ha avuto in passato i suoi maestri in figure come Roberto Rossellini, Akira Kurosawa, Satyajit Ray. “Il ladro di bambini” è forse il suo film più famoso, e anche uno di quelli che hanno circolato maggiormente all’estero grazie alla vittoria del Grand prix al festival di Cannes (ma personalmente mi sarebbe piaciuto che vincesse la Palma d’Oro, che sarebbe stata meritata, visto che se la aggiudicò un film non eccezionale come “Con le migliori intenzioni” di Bille August). Amelio racconta una storia di infanzia disastrata in termini rigorosi, asciutti ma emotivamente vibranti: il rapporto dei due fratelli con il carabiniere che deve accompagnarli in un istituto per minori abbandonati è quanto di più giusto e meno ricattatorio si poteva fare sull’argomento. E’ anche una radiografia di valore sociologico su un’Italia post-pasoliniana, che già mostrava le crepe di una cattiva gestione politica, che si sarebbero aggravate ancor di più fino ai nostri giorni. La struttura del road-movie di per sé non è particolarmente originale, ma Amelio sa trasmettere ad ogni episodio una concretezza che qua e là si trasforma perfino in poesia, soprattutto nella parte conclusiva ambientata in Sicilia. Ed è uno dei pochi registi che in Italia sa dirigere così bene gli attori bambini: almeno l’interpretazione di Valentina Scalici è rimasta negli annali, sensibile e misurata, accanto ad un Enrico Lo Verso ugualmente molto sobrio, che diverrà un’icona del cinema di Amelio, ma non avrà una carriera attoriale all’altezza di quanto aveva fatto presagire qui. I contributi tecnici sono tutti di prim’ordine, ma secondo me Amelio abusa un po’ troppo nella soundtrack di canzonette di musica pop che risultano certo gradevoli all’orecchio, ma talvolta distraggono dal contenuto delle immagini: una delle poche concessioni ad un gusto più commerciale da parte del regista, che per il resto si rivela un narratore di razza grazie alla solida sceneggiatura scritta con Rulli e Petraglia e trasformata in sequenze di grande ricchezza emotiva e descrittiva. Per il cinema italiano anni Novanta, uno dei risultati più convincenti.

Voto 9/10

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