Regia di Joby Harold vedi scheda film
Succede davvero, e potrebbe forse capitare a chiunque di noi, che qualcosa nell’alchemico cocktail farmaceutico costituente l’anestesia non funzioni a dovere e ci lasci paralizzati, ma dolorosamente coscienti, durante l’operazione. Difficile immaginare qualcosa di più spaventoso (il soggetto è stato ispirato al regista e sceneggiatore dai dolori patiti a causa di calcoli renali), ma è altrettanto difficile cavarne un lungometraggio. Awake. Anestesia cosciente funziona infatti per una decina di minuti, i primi dell’operazione, intorno ai quali tutto si sfalda. Il primo atto sembra un patinato ma risaputo telefilm ospedaliero, la fase dell’anestesia presenta un protagonista che ondeggia tra la propria memoria e la realtà esterna, in una sbiadita imitazione di Se mi lasci ti cancello (o meglio: Eternal Sunshine of the Spotless Mind), e l’ultima parte si attorciglia intorno a colpi di scena e tradimenti da thriller di routine, con tanto di finale all’americana. In alcuni momenti la paura del tavolo operatorio si insinua sottopelle, ma la piattezza della confezione (cui contribuisce la legnosa recitazione di Christensen e della Alba) sembra quasi volerne addomesticare la carica angosciante. Un’occasione sprecata.
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