Regia di David Slade vedi scheda film
Primo film di David Slade, regista del buon 30 giorni di buio, Hard Candy è un thriller psicologico che non manca di ritmo e tensione ma lascia molto a desiderare sul piano della credibilità. Lodevole e coraggiosa la scelta di un impianto narrativo di tipo teatrale, con una storia incentrata su 2 soli personaggi chiusi in un unico ambiente: i dialoghi risultano avvincenti e ben architettati, e gli attori si superano in bravura. Ma dopo il colpo di scena che, quasi a inizio film, ribalta i ruoli tra vittima e carnefice, a venire a mancare è l'attendibilità del tutto. Tensione e ritmo restano ad un livello accettabile, ma è dura credere a quello che si vede e si sente, con una ragazzina decisamente troppo astuta smaliziata e calcolatrice per i suoi 14 anni e un adulto al contrario troppo stupido e poco reattivo, che sembra esser messo lì solo per subire. Insomma, tutto molto scorrevole, talvolta anche coinvolgente, se si sceglie di spegnere il cervello. Ma se si cerca una qualche plausibile attinenza con la realtà (pare che il film sia ispirato a fatti realmente accaduti in Giappone: sì, ma quanto romanzati?) non ci si può non fermare davanti a una simile serie di eccessi e forzature. E a patire tutto questo è proprio la forza del tema trattato (la pedofilia) che ne esce in buona parte disinnescata. Tanto più che il tema stesso è usato solo come pretesto per mettere in scena la vendetta, senza alcun intento analitico. Messi quindi da parte presunti sottotesti e messaggi, non resta che prendere Hard Candy semplicemente per quello che è: un thriller a suo modo divertente ma per nulla verosimile.
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