Regia di Paul Weiland vedi scheda film
Il motto è più o meno sempre lo stesso. Se la trama non fa effetto che sia l’attore a rendere il film perfetto. Perdonateci la rima. Ma Un amore di testimone ne è una prova ad arte. Chissenefrega di plot, personaggi e dialoghi quando puoi avere Patrick Dempsey in locandina? A lui, scapolo impenitente, basta un sorriso sornione per diventare damigella d’onore di un film che avrebbe potuto tranquillamente chiamarsi Il matrimonio della mia migliore amica. Senza però avere gli attributi del simile precedente. Trenta minuti per impostare i caratteri e per sottolineare che tra il Made of Honor e Michelle Monaghan regna una sacrosanta amicizia. Qualche istante per capire che è amore. Il tempo rimanente per tentare di strapparla dall’uomo perfetto di cui nel frattempo si è innamorata. Un film già visto, in cui però manca la compattezza inglese di Hugh Grant, e in cui l’amore pare un gioco da non prendere troppo sul serio. Commedia, in fondo, che strizza l’occhio a quella degli equivoci, che guarda con nostalgia a quella slapstick delle torte in faccia.
Di capitomboli il Dr. Dempsey ne fa parecchi, classici tonfi e gambe all’aria. Tutto scorre, senza infamia. Senza lode. Questione di motti. Ultima apparizione di Sydney Pollack.
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