Regia di Cao Hamburger vedi scheda film
L’infanzia in attesa dell’eterno ritorno, che non vede mai giungere chi ardentemente si aspetta. La consumazione della propria vita in bilico, è quella che, con toni malinconici e inquietanti, il regista brasiliano, Cao Hamburger, mette sullo schermo.
Siamo nel 1970. Mauro vive con i suoi genitori a Belo Horizonte. Un giorno il padre e la madre lo lasciano all’improvviso dal nonno, a San Paolo. Mauro deve dire a tutti che i suoi sono andati in vacanza, mentre in realtà sono scappati per sfuggire all’arresto da parte della polizia politica. La questione però si complicherà, perché il nonno di Mauro morirà all’improvviso, lasciando totalmente solo il bambino. Dopo un primo periodo molto problematico, l’intera comunità ebraica di San Paolo del Brasile si prenderà cura di Mauro, il quale però rimarrà sempre in attesa del ritorno dei genitori.
Il film risulta un affresco in cui non è sempre facile distinguere le passioni popolari, sempre confuse con quelle politiche, represse duramente dalla polizia militare, oltre che un’ampia carrellata sull’anelito di libertà nel Brasile di quegli anni. Peccato che nel racconto tutto accade come già previsto nei primi dieci minuti di film. Abbondano i luoghi comuni, tutto appare come “già visto” (ultimo, in ordine di accostamento, Mr Hibrahim e i fiori del Corano di Dupeyron). La bellezza, nemmeno l’originalità, del film è tutta racchiusa nelle sequenze con gli indimenticabili goal del Brasile, durante quel Mondiale ’70, con i veri protagonisti della storia del calcio di allora: Pelè, Carlos Alberto, Tostão e Rivelino.
Tutto il resto è noia. Non stiamo parlando della bella canzone di Califano, ma chiaramente del film di Hamburger.
Giancarlo Visitilli
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