Regia di Aleksej Balabanov vedi scheda film
La dimostrazione che la Russia non ha preso le forme indefinite del caos soltanto dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica, ma aveva dentro la propria pancia, sotto l'involucro di un megapaese governato da istituzioni autocratiche che garantivano una parvenza d'ordine, il germe della follia e un'anarchia acefala e pronta ad esplodere, si ha anche grazie a film come questo. Che è un film probabilmente squilibrato e con alcuni filoni che si rivelano (forse volutamente) binari morti, come le sottostorie del professore di ateismo scientifico e del segretario locale del PCUS, padre della sventurata Angelika, i quali a un certo punto spariscono abbastanza inspiegabilmente; ma va detto che l'opera di Balabanov è di quelle che comunque lasciano il segno e che se pecca lo fa per eccesso, come dimostra l'accumulo di cadaveri sul lettino del sadico capitano Zhurov. Si avverte, in ogni caso, una voglia (e una capacità) di raccontare e di farlo con una commistione di stili che riflette il caos di cui dicevo prima, ma che si apparenta alla migliore tradizione del cinema e della letteratura slava, come mi pare che stia a testimoniare anche un'esecuzione capitale di stampo kafkiano (versione Il processo).
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