Regia di James Gray vedi scheda film
E' un film che ti lascia dentro sensazioni diverse che, amalgamate, ti fanno rimanere con una percezione fra l'amarezza e un quieto disagio. Una cosa innanzitutto: si tratta di uno dei film più belli dell'anno. Sicuramente una pellicola che parla d'amore in modo non banale, eppure lo sfondo è estremamente ordinario, una famiglia onesta di lavoratori in un quartiere periferico di New York, dove un ragazzo si lascia alle spalle un'esperienza amorosa finita malissimo e cerca di affrontare di nuovo la vita seppur con qualche cicatrice (ancora aperta) in più. James Gray è un regista straordinario che molti di noi hanno conosciuto ed apprezzato l'anno scorso col meraviglioso "I padroni della notte", gran film che però da noi è stato penalizzato da scarsa visibilità ed ha incassato consensi ridotti, ma che ci ha permesso di individuare in Gray la stoffa del cineasta di razza. Altro genere, certo, là si trattava di un thriller-noir, ma ciò testimonia che tra i pregi di Gray ha ora cittadinanza anche la versatilità. Come si evince chiaramente dai manifesti e dai trailer, il film si iscrive nella categoria "storie d'amore". Ma attenzione, che questa è una storia d'amore DIVERSA da tutte le altre che avete visto. Eppure è molto classica come stile. Insomma definirlo in quel modo mi pare quasi riduttivo, io parlerei piuttosto di "drammma (o tragedia) dei sentimenti". I motivi che rendono questa vicenda amorosa così "diversa" sono sostanzialmente un paio. Un regista dal tocco molto speciale, con uno stile drammatico-malinconico dal retrogusto molto "seventies". E poi c'è l'incognita Joaquin Phoenix, uno di quegli attori che davvero lasciano il segno. Phoenix è personaggio assolutamente unico sulla scena hollywoodiana. Le cronache ci raccontano di un individuo molto particolare.Tutti sappiamo dei suoi recenti annunci ufficiali circa la decisione di abbandonare la professione per dedicarsi al rap (!!). A parte che non ci pare avere molto la fisionomia "gangsta" con quella sua recente barbona incolta, abbiamo anche letto sui giornali come si è conclusa la sua prima performance da rapper: una rissa con alcuni spettatori che lo insultavano. A questo aggiungiamo i pareri di alcuni giornalisti che hanno tentato di intervistarlo su queste sue nuove derive artistiche e che si sono sentiti rispondere solo con frasi smozzicate e bisbigli incomprensibili. Insomma potremmo definirlo come minimo persona eccentrica, per altri è solo un pò "svitato"...Quel che è certo è che quando recita diventa un gigante. Osservatelo in questo film, quel suo viso quasi tumefatto, carico di dolore, il volto di un fantasma, ma anche quello di chi recita andando a pescare non solo da un copione imparato a memoria ma anche dal profondo di sè stesso. Ed è a quel punto che scatta una sorta di singolare corto circuito, di capovolgimento. E qui, badate, sto solo cercando di raccontare quel che provo io, percezioni che attengono solo alla sfera delle mie personalissime emozioni. Vedendolo recitare, cioè, ho come la sensazione che non sia più Phoenix che plasma sè stesso adattandosi al personaggio, ma è come se l'attore -al contrario- piegasse il personaggio alla sua indole, lo manipolasse facendolo assomigliare a sè...In pratica è come se quel ragazzo disagiato reduce da esperienze dolorose si muovesse nella direzione di ciò che Phoenix è veramente nella sua essenza psicofisica. Come se l'attore recitasse mettendo in scena sè stesso e mettendo a nudo le sue ansie profonde, confessando i suoi istinti nascosti. In tutto questo, in cui è forse racchiuso il mistero di un uomo che sta cercando di definire i contorni di parti di sè che ha perso, ho un solo timore: non vorrei che questo aspetto artisticamente unico e geniale di Phoenix non nascondesse -banalmente- la solita tendenza (già vista noiosamente mille volte) dei divi di Hollywood dapprima a straniarsi e poi, fatalmente, ad autodistruggersi. Io spero dunque fortemente che le ultime "trovate" di Joaquin siano il frutto di una mente lucida e non la "mattana" di un divo talmente fuori che non ci sta più con la testa. Scusate lo sfogo, ma non vorrei davvero che un attore così "speciale" finisse come molte "rockstar" (che Joaquin ora si sente anche un pò tale, ne sono sicuro) per fare a pezzi sè stesso in nome di chissà quale nichilismo, o quale follìa artistica, o quale estrema furia interiore...Il film è appassionante, però ci mostra personaggi definiti secondo criteri singolari, come se possedessero lati ed aspetti che ci sfuggono, che non ci permettono di inquadrarli come vorremmo. Vediamoli. Sandra è una brava ragazza, una specie di "sposa promessa" per Leonard. Lei rappresenta la possibile fidanzata virtuosa, la moglie ideale che ogni genitore vorrebbe per il proprio figlio. Detto questo, diciamo anche però che secondo una tradizione letteraria, lei è anche la "gattamorta" che fra qualche anno ce la immaginiamo sfatta, isterica e coi bigodini in testa. Eppure, man mano che la storia procede, ci accorgiamo che dietro le sue fantasie romantiche vagamente banali di ragazza semplice si nascondono le qualità di una persona intelligente, protettiva e -soprattutto!!- CAPACE D'AMARE, dote importante quest'ultima, di cui è totalmente priva la sua rivale, la quale in compenso può vantare un sexy-appeal sugli uomini molto più evidente. Abbiamo quindi introdotto anche Michelle. Sia esteticamente che interiormente lei appare come persona estremamente "vivace", estrosa, brillante, inquieta (tutto l'opposto della "casalinga" Sandra). Protagonista di una duplice storia d'amore (una con un brillante avvocato sposato e l'altra "in divenire" con lo stesso Leonard), è ragazza che fa perdere la testa agli uomini, con la sua allegra eccentricità, coi toni moderatamente sexy che sfodera per esprimere la propria femminilità. Ecco, Michelle in teoria dovrebbe essere l' "eroina" di questo film, dato che risponde ai canoni narrativi di "essere che nasconde la sua fragilità dietro un corpo desiderabilissimo". Va da sè infatti che scatta automatico e suggestivo nello spettatore comune il contrasto "bella bionda sexy carina brillante ma in realtà creatura fragilissima". E invece anche qui le aspettative vengono scompaginate, perchè dall'evolversi della vicenda comprendiamo che Michelle (ATTENZIONE! quel che segue è frutto della mia personale valutazione, peraltro minoritaria) è soltanto una gran stronza, e lo è prima nel prendere in giro un uomo che la sta corteggiando e poi, soprattutto, nel calpestare i sentimenti di un povero cristo (fra l'altro anche ridotto piuttosto male in arnese) che si ammazzerebbe per lei. Ma queste due
controverse figure femminili non sono nulla, in quanto a sorprendente creatività di sceneggiatura, se raffrontate al protagonista Leonard. Personaggio inafferrabile, assolutamente sfuggente ed indecifrabile, in coerenza con una sceneggiatura che evita -pur raccontando in modo classico una storia d'amore- ogni tipo di luogo comune. Ci sono troppi aspetti in lui che non quadrano, e inoltre sarebbe stato troppo facile dipingerlo come un "disturbato" tout-court. Due esempi. Lui è a tratti quasi autistico, talmente è rinchiuso in sè stesso. Eppure quando va in discoteca con Michelle e le sue amiche si lascia andare ad un'esplosione di euforia incomprensibile. E ancora: ma Leonard in che misura ama i suoi genitori? sicuramente sì, in particolare la madre, eppure appena vede una bella bionda che sculetta dalla finestra di fronte pare dimenticarsi del tutto di loro, al punto che, quando decide di fuggire con la suddetta bionda, lo fa alla chetichella, senza neanche lasciare un biglietto di addio. Io credo che tutte queste "zone d'ombra" possano spiazzare un pò lo spettatore abituato alle solite love story, ma sono anche convinto che alla fine lo stesso spettatore si senta gratificato dall'essersi appassionato ad una storia d'amore una volta tanto non banale e prevedibile. E questo piccolo miracolo di non-banalità artistica lo dobbiamo al 100% alla sceneggiatura e alla regìa, che coincidono nel genio di James Gray, il quale è riuscito a mettere in scena -scusate se è poco- una storia d'amore unica e probabilmente irripetibile. E veniamo al cast. Ottimo e abbondante. Di Phoenix ho detto di tutto e di più. Gwyneth Paltrow è assolutamente perfetta nel rivestire questo ruolo di ragazza che dentro di sè ne racchiude un'altra. Perfetta sia nel tocco leggero e fresco sia in quello drammatico. Scusate se continuo a metterla sul (mio) personale (questa vicenda mi ha catturato parecchio), ma se avessi dovuto fare una scelta, io avrei optato invece per la splendida Vinessa Shaw (Sandra), bellissima donna ed attrice che prima non conoscevo. Da segnalare infine, della serie "toh, chi si rivede", Isabella Rossellini, invecchiata (quello è naturale) ma ugualmente fascinosa.
PS: proprio sul punto di spegnere il PC e mettere la parola fine, ho lanciato un'occhiata in rete alle altre recensioni e...ho scoperto un mondo. Nel senso che ho dovuto prendere atto che il mio commento al film è piuttosto diverso rispetto ad una certa impostazione che quasi tutti gli altri hanno scelto. Tutti hanno sottolineato con forza estrema l'amarezza del finale, individuandovi, il senso fallimentare e di rinuncia del protagonista, la fine di ogni suo sogno di felicità. Io non solo rispetto questa "visione" ma addirittura riconosco che essa coincide pienamente con quel che il regista voleva comunicare. Tuttavia, devo però ribadire un concetto. Uno dei lati belli del cinema è che ognuno si fa il "suo" di viaggio. E io, scusate, ma non riesco a vedere Sandra come una "seconda scelta" o come un "premio di consolazione". Capisco che da un punto di vista letterario o spettacolare Michelle funzioni alla grande, ma io nella vita preferisco mille volte una donna semplice ma CAPACE D'AMARE rispetto ad una immatura e volubile per quanto carina e desiderabile possa apparire.
Voto: 10
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