Regia di Laurent Cantet vedi scheda film
Un piccolo grande film minimalista e realista che vince a Cannes nell’anno di Gomorra e del Divo? Le vicende quotidiane di un professore e dei suoi alunni quante volte sono state raccontate al cinema? Cosa si poteva dire di nuovo su un ambiente che tutti, almeno da studenti, abbiamo vissuto? Prima di tutto il sottotitolo spiega come il film si svolga tra le mura, non uscendo mai dall’edificio e poche volte dal rettangolo della classe stessa. La scuola vista dall’interno non può essere fatta da maestri troppo stupidi o conformisti né da insegnanti illuminati e moderni, così come gli alunni non devono essere tutti bulli,drogati,violenti e con molta esperienza di vita rispetto alla propria età tale da renderli cattivi e per nulla propensi ad accettare l’autorità scolastica.Cantet sceglie di raccontare la fatica costante e giornaliera di un uomo che si trova davanti dei ragazzi di quattordici-quindici anni, musulmani, africani, cinesi, europei. La multiculturalità coloniale e non diventa la chiave per smontare le fondamenta del sistema pedagogico, per mostrare il fallimento di una istituzione che vuole ottenere un livellamento dell’istruzione impossibile da raggiungere quando ognuno ha le sue ragioni e i suoi tempi di apprendimento. Il professore nella vita, nel libro e nel film, cerca di trattare democraticamente i suoi ragazzi e nello stesso tempo non può rinunciare alle procedure sanzionatorie previste dall’istituzione. Tutto il film è la ricerca di questo equilibrio tra il dialogo e la punizione, tra l’accettare il confronto e il riaffermare la propria autorità. Alla fine basta la confessione di un ragazza che ammette di non avere imparato nulla per farci capire quanto il mestiere di professore sia difficile e importante.
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