Regia di Laurent Cantet vedi scheda film
Per il professore di lettere di un ginnasio della banlieue parigina, la preoccupazione principale non è come impostare l'insegnamento della sua materia, bensì come creare una base comune su cui avviare un dialogo con i suoi allievi. Non a caso la protagonista della storia è la parola, e difatti il contenuto documentaristico del film offre uno spaccato analitico sul linguaggio in tutti i suoi aspetti (etnico, culturale, generazionale), che ne fanno lo specchio di una società oltremodo complessa ed in continua trasformazione. La scuola, con i suoi rigidi ed immutabili obiettivi educativi, anodini rispetto ai pressanti richiami della contemporaneità, appare come una sovrastruttura arcaica e burocratica, modellata su tradizionali categorie disciplinari (i compiti, i voti, la condotta), ma impreparata a confrontarsi con le personali aspirazioni dei suoi giovani frequentatori. Le aspettative, dai due lati della cattedra, sono palesemente inconciliabili: mentre il docente esige espressamente l'apprendimento delle regole (grammaticali o comportamentali), gli allievi chiedono indirettamente motivazioni (nel doppio senso di stimoli allo studio e giustificazioni a tanto impegno). La composizione multietnica della scolaresca mette in evidenza la natura della classe come aggregato casuale di soggetti distinti e distanti: un variopinto collage di "autoritratti", in ciascuno dei quali ogni ragazzo riconosce solo se stesso, con le proprie peculiari passioni e debolezze. Questo è il mosaico risultante dalla sovrapposizione delle mode europee (la musica rock, il calcio e il fast food) al substrato culturale dei diversi paesi d'origine, che sopravvive nei singoli contesti familiari: una miscela di competitività occidentale ed orgoglio nazionale da cui scaturisce un individualismo sfrenato ed aggressivo. "La classe" – un concetto evocato dal titolo con chiaro spirito provocatorio – è dunque una unità puramente teorica, inesistente nei fatti. Il sottotitolo "Entre les murs" (ripreso dal romanzo) fornisce, invece, sommessamente, la vera chiave di lettura di quest'opera: la storia è la cronaca di ciò che, semplicemente, accade all'interno di uno spazio chiuso, che solo incidentalmente è occupato da banchi e sedie. Non è (né può essere) la descrizione dei processi che si compiono nell'ambito di un'istituzione, perché la scuola, in quanto tale, non funziona più. I suoi meccanismi sono ormai bloccati da un senso di inadeguatezza ed inutilità, ed essa è così ridotta ad un'entità statica, investita di un'autorità puramente nominale, che si limita ad ospitare, tra le sue pareti, i membri più giovani (e quindi, in prospettiva, più rappresentativi) di una realtà problematica e in fermento.
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