Regia di Fernando Meirelles vedi scheda film
Fernando Meirelles e’ riuscito a mio parere a cogliere pienamente l’essenza del romanzo inquietante e apocalittico di Saramago. Un film molto atteso da tempo, ma uscito in Italia incomprensibilmente solo in dvd da qualche mese, e che ho ritardato un po’ prima di visionare perche’ ho preferito preventivamente leggere il romanzo per meglio raffrontare la trasposizione.
Il grande scrittore portoghese lascia al lettore (e dunque al regista) la liberta’ di ambientare la catastrofica vicenda del “mal bianco” in una qualsiasi citta’ del presente odierno; la produzione internazionale (leggo Canada/Brasile/Giappone) spinge il regista brasiliano, ormai da anni nell'establishement hollywoodiano, a scegliere una metropoli del Nord America come epicentro del contagio. Fatto questo Meirelles riesce a trasporre con accurata fedelta' dal non facile testo scritto le angosce, l’abbruttimento, le paure e l’orrore della popolazione contagiata e resa cieca, confinata per lungo tempo in un fatiscente manicomio in abbandono, assediati da una legge marziale che li decima con la forza e oppressi dalla prepotenza e arroganza di un gruppo violento e tiranno. Fa da sfondo alla vicenda un biancore lattiginoso che avvolge tutto in una misteriosa aurea contagiosa, che porta in poco tempo alla deriva la societa’ civile nella metropoli. In questa occasione il regista brasiliano da’ il meglio di se’ documentando con un realismo spiazzante, che ricorda il suo bell’esordio con il drammatico City of God e le sue favelas, la deriva di una societa’ resa impotente dalla sciagura, e rappresentandoci la popolazione come zombie affamati alla ricerca vana di sopravvivenza.
Cosi’ come e’ arrivata, altrettanto improvvisamente l’epidemia regredisce, e ai sopravvissuti non restera’ che fare i conti con la propria coscienza, con i ricordi orribili dell’esperienza appena vissuta, con le morti che direttamente o indirettamente la lotta alla sopravvivenza di ognuno ha reso necessarie. Sullo sfondo dell’ultima scena, i grattacieli di una citta’ devastata e un cielo livido e bianco latte che per un istante fa temere alla protagonista (una sempre efficace Julianne Moore) - l’unica risultata immune al contagio - di essere improvvisamente piombata nel limbo della cecita’ bianca che l’ha risparmiata fino a quel momento.
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