Regia di Olivier Assayas vedi scheda film
E'incredibile come due dei cineasti francesi migliori oggi in piena attività come Desplechin e Assayas siano così maltrattati(oltraggiati oserei dire) dalla distribuzione italiana.Eppure il loro cinema meriterebbe di essere conosciuto da un pubblico molto più ampio.Questo penultimo film di Assayas(che ha già presentato la sua ultima opera,il monumentale Carlos che non sappiamo se e quando sarà mai distribuito da noi) parte da una festa di compleanno,della settantacinquenne Helene che si riunisce nella sua bella casa di campagna (che lei ha sempr mantenuto per preservare la memoria e le opere dello zio pittore famoso)assieme ai tre figli e alle loro famiglie.I ragazzi e i bambini corrono da una parte all'altra con i cani mentre una certa soffusa malinconia regna nella riunione di famiglia.E nessuno sa che quello sarà una sorta di commiato.Helene muore improvvisamente e i tre figli con le loro vite si troveranno a confrontarsi con la memoria,con il lutto e con gli oggetti preziosi contenuti nella casa.Casa che è una sorta di mausoleo,un album dei ricordi sempre aperto alla pagina più bella in cui ognuno cerca se stesso.E'un film quasi impossibile da raccontare perchè la cinepresa di Assayas alla maniera della Nouvelle Vague non ha un vero e proprio centro di gravità,segue gli umori dei vari personaggi in modo libero,lasciandosi trasportare dall'emozione e riuscendo ad emozionare con il suo continuo alternarsi di tonalità.Segue da vicino i personaggi,ce li fa conoscere,ci accenna la loro elaborazione del lutto confrontandola con la memoria e la necessità(fisica,economica,pratica) di recidere il cordone ombelicale col passato vendendo la casa e affidando gli innumerevoli oggetti di valore in essa contenuti a case d'asta o a musei importanti.Non è casuale che l'unico tra i tre figli che vive in Francia abbia più difficoltà a metabolizzare questo distacco perchè per lui quella casa sarà sempre lì vicino a lui e la ricorderà con tutto quello che conteneva al suo posto.E non a caso è l'unico che si lascia andare al pianto,nel buio di una stanza o all'interno della propria automobile.A questo proposito è esemplare la sequenza in cui quando va a visitare il museo che contiene gli oggetti della casa faccia fatica a riconoscere una scrivania antica proprio perchè cambia il contesto attorno a quell'oggetto.L'heure d'ete è un film melanconico ,carico di inquietudine ma non per questo tetro od ossessivo nel reiterare sentimenti di vaga tristezza.Le vite dei fratelli divengono sempre più distanti per ragioni contingenti ,quindi oltre al lutto bisogna elaborare anche il distacco.Ma accanto a sequenze di struggente forza emotiva(vedi ad esempio quella del ritorno a casa della domestica che trova tutto in disordine visto che stanno smantellando tutto) riesce comunque a essere leggero,aperto alla speranza tenendo sempre presente il passato,il ricordo.Non sarà più una casa,dei quadri o un giardino ma può essere un semplice raccontare di un dialogo tra nonna e nipote.Il finale è una chiara autocitazione de L'eau froide. Un inno al futuro e ai giovani che erediteranno la memoria del passato.Perchè il volgare valore venale degli oggetti non deve offuscare il ricordo.Film mai distribuito in Italia.
un grandissimo regista in un'opera di grande finezza
brava
straordinario
ottimo
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