Regia di Matteo Rovere vedi scheda film
Il cinema italiano non sarà salvato dai ragazzini, ormai è un’evidenza. Dopo essersi abbattuta su Albakiara, la maledizione della Generazione K si è avventata anche sull’opera prima di Matteo Rovere. Qui si racconta la storia di una cerchia di amiche poco più che diciassettenni. Siamo nella provincia italiana: Lucca (parte per il tutto) è una fucina di Ragazze interrotte, annoiate e senza scrupoli. «Non commettere atti impuri purché tu non ne abbia voglia», recita Chiara Chiti, attirando sul film un’inspiegabile censura. Un divieto under 18 che non trova effettiva corrispondenza con le immagini. Da evitare, al limite, perché inutili. La violenza è più gridata che mostrata, anche quella ai danni del professor Filippo Nigro, incapace di entrare nei panni di un personaggio che ha dell’incredibile. Marco Rovere, venticinque anni, dirige troppo freneticamente una sceneggiatura imperfetta, che fa ridere quando non si dovrebbe. Campionario di luoghi comuni messo in scena per riassumere l’adolescenza, oggi. Ma quale denuncia, Un gioco da ragazze è la storia di una psicopatica che non commuove, né fa paura. Manuale di eccessi causati da una mente deviata, non certo da un disturbo generazionale.
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