Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
E' probabilmente il simbolo ed il miglior esempio del neorealismo italiano.
De Sica muove la macchina da presa sugli scenari poveri e devastati dalla guerra, evitando spesso e volentieri i palazzi, le automobili e qualsiasi altra cosa che dia l'impressione di "solidità e sicurezza". E' una macchina da presa indomita e sofferente, che predilige i volti e le espressioni della "gente di strada" e non degli attori professionisti, perché i primi portano sul volto i segni della vera sofferenza e riescono ad essere incredibilmente intensi ed espressivi. Per costoro non si può parlare di recitare, ma di raccontare.
E' una macchina da presa accompagnata di frequente dalle musiche del maestro Cicognini, che tanto bene si sposano e s'uniscono alla povertà e conferiscono alla pellicola un ché di poetico, che esalta la bellezza dell'umiltà. Perché è solo dalla fame, dall'abbrutimento e dalla miseria che De Sica riesce a cavare fuori la vera bellezza umana.
E' una miseria così degradante quella che ci viene mostrata, al punto tale che anche una semplice bicicletta ammaccata può essere significativa per la sopravvivenza, fino a scatenare una guerra tra poveri ed un circolo vizioso che sembra non aver mai fine. Una bicicletta che, anche se compare poco, è la vera protagonista del film assieme alla miseria che le ruota attorno ed i personaggi sono attratti dalla prima come un buco nero e per essa fanno pazzie. Difatti non si riesce a provare odio o rancore verso il ladro che ha rubato la bicicletta del protagonista, poiché, come quest'ultimo dimostra nel finale, probabilmente l'ha fatto per far mangiare la sua famiglia. Ed è solo in questo scenario incredibilmente desolante, che "Ladri di biciclette" può risultare bellissimo.
Tabellino dei punteggi di Film Tv ritmo:3 impegno:4 tensione:3
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