Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
De Sica ha una qualità dei grandi artisti: riuscire a far scaturire insegnamenti generali da vicende banali e insignificanti (per questo lo preferisco a Rossellini: è troppo facile raccontare la resistenza con Roma città aperta). In superficie, il film parla del furto di una bicicletta ai danni di un povero diavolo, che ne ha bisogno per il lavoro, e dei suoi inutili tentativi per recuperarla. Ma, per esempio, colpisce la cura dedicata all’aspetto economico della vicenda, rapportato alla minuscola esistenza dei personaggi: la bicicletta è al Monte di Pietà, e per riscattarla bisogna impegnare le lenzuola (“si può pure dormire senza lenzuola, no?”, dice la moglie trattenendo le lacrime); dopo il furto, il padre cerca di calcolare il mancato guadagno dettando al figlio le varie voci del suo stipendio (magro, ma capace di fare la differenza fra il poco e il niente). C’è lo sguardo oggettivo ma impietoso sulla vita degli altri, di quelli che in apparenza non hanno problemi: la carità pelosa del clero, che distribuisce pasti ai poveri in cambio della loro presenza alla messa; il bambino ricco, che in trattoria ci tiene a far percepire la sua superiorità; la maga, che campa sulla credulità della gente ma che fa mostra di non accettare denaro (ci pensano le comari a riscuotere). E ci sono soprattutto le magnifiche sequenze finali, quando il protagonista si trova finalmente faccia a faccia col ladro (che non ha l’aria del delinquente di professione e probabilmente è anche lui un poveraccio): in sua difesa intervengono la madre e i vicini, che protestano la sua innocenza (omertà mafiosa nel proteggere il proprio simile, qualunque cosa abbia fatto); un poliziotto, in mancanza della refurtiva e di prove certe, sconsiglia il derubato dallo sporgere denuncia (incapacità di assicurare la giustizia da parte dei rappresentanti dell’ordine); quando quest’ultimo, spinto dalla disperazione, prende una delle tante biciclette parcheggiate fuori dallo stadio, viene subito acciuffato (morale amarissima: solo i ladri possono rubare). Un capolavoro che fa sentire orgogliosi di essere italiani.
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