Regia di Bent Hamer vedi scheda film
Horten ha 67 anni e per quasi 40 ha guidato treni, sempre sulla stessa tratta, in Norvegia. Scapolo e taciturno, pipa in bocca, si appresta a svolgere il suo ultimo giorno di lavoro prima della pensione. Ma un imprevisto lo blocca e Horten si ritrova catapultato in una giornata semplicemente incredibile.
La trama è minimale, brevissima e labile; Brent Hamer – regista e sceneggiatore – cerca disperatamente di allungarla come riesce, inserendo dialoghi totalmente privi di utilità e scene completamente ininfluenti che si protraggono per interi minuti: alla fine Il mondo di Horten arriverà a un’ora e mezza di durata, ma lo spettatore se ne sarà dormito almeno almeno la metà. Interessante il finale, quantomeno, diciamo negli ultimi venti minuti: ma la prima ora di film è imbarazzante nella sua vuotezza, e neppure la messa in scena è così accurata e accattivante. Difficile simpatizzare quindi per un protagonista solo, muto e privo di fascino come questo Horten; l’effetto straniante – chiaramente, chiaramente voluto – avrà anche un suo perché, ma qui davvero Hamer fallisce in pieno il suo obiettivo e gli aneddoti bizzarri inseriti qua e là nei dialoghi, i rivoli dispersivi nelle situazioni finiscono semplicemente per sembrare fuori luogo, quando non incomprensibili. Baard Owe è il protagonista: fa il suo dovere, nulla di più; al suo fianco c’è un cast di scandinavi ignoti al pubblico straniero. Quinta regia per il norvegese Hamer, rivelatosi quattro anni prima con Kitche stories (2003). 3/10.
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